Il testo inizia con queste parole: “Tra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto nel nostro tempo, l’ingegno umano è riuscito, con l’aiuto di Dio, a trarre dal creato, la Chiesa accoglie e segue con particolare sollecitudine quelle che più direttamente riguardano le facoltà spirituali dell’uomo e che hanno offerto nuove possibilità di comunicare, con massima facilità, ogni sorta di notizie, idee, insegnamenti“.
Innanzitutto si devono cogliere in quest’espressione la simpatia e la stima che i padri conciliari hanno voluto manifestare verso la tecnologia. L’uomo, attraverso il dono divino dell’intelleltto, è riuscito a continuare l’opera della creazione avviata da Dio e da lui affidata alla sua responsabilità. Dunque non si deve vedere nello sviluppo tecnologico qualcosa di avverso al disegno divino.
Anzi esso è espressione di quel desiderio dell’uomo di superarsi, è segno di quella sete di infinito che è nel suo cuore e che può essere saziata solo dall’Infinito che lo ha creato. La volontà di superarsi e di andare oltre i propri limiti dunque, se rimanda a Dio, è un atteggiamento spirituale assolutamente confacente alla visione cristiana. Si tratta qui di distinguere, come già fece De Lubac nella sua opera “Il dramma dell’umanesimo ateo”, fra l’homo faber e l’homo operator, cioè fra colui che nella tecnica vede il compimento dell’uomo e colui che invece scorge in essa una pista che conduce a Dio.
Il decreto conciliare prosegue così: “Tra queste invenzioni occupano un posto di rilievo quegli strumenti che, per loro natura, sono in grado di raggiungere e influenzare non solo i singoli, ma le stesse masse e l’intera umanità. Rientrano in tale categoria la stampa, il cinema, la radio, la televisione e simili. A ragione quindi essi possono essere chiamati: strumenti di comunicazione sociale“.
I padri conciliari hanno concentrato la loro attenzione in particolare su quelle invenzioni che hanno per destinatari le grandi moltitudini: la stampa, il cinema, la radio, la televisione e simili. In questo climax manca ovviamente internet che vedrà la luce solo una trentina di anni dopo. L’accento è posto sulla grande influenza che tali strumenti possono avere sulla collettività.
In effetti “se bene adoperati, offrono al genere umano grandi vantaggi, perché contribuiscono efficacemente a sollevare e ad arricchire lo spirito, nonché a diffondere e a consolidare il regno di Dio“.
Ma i padri conciliari non si sono espressi in modo ingenuamente ottimistico. Essi erano pienamente coscienti anche dei reali pericoli che possono derivare da un cattivo uso dei mezzi di comunicazione. Prosegue infatti il decreto: “Ma essa (la Chiesa) sa pure che l’uomo può adoperarli contro i disegni del Creatore e volgerli a propria rovina“.
Ma per quale motivo l’assise conciliare si occupò dei mezzi di comunicazione sociale? È il documento stesso che ci fornisce la spiegazione: “La Chiesa cattolica, essendo stata fondata da Cristo Signore per portare la salvezza a tutti gli uomini ed essendo perciò spinta dall’obbligo di diffondere il messaggio evangelico, ritiene suo dovere servirsi anche degli strumenti di comunicazione sociale per predicare l’annuncio di questa salvezza ed insegnare agli uomini il retto uso di questi strumenti“.