Più della metà donne, e giovani, età media 35 anni. Sette contro cinque. Sono i numeri della squadra del neosegretario Pd Matteo Renzi (in tutto dodici). Volti noti come Debora Serracchiani (infrastrutture), Marianna Madia (lavoro), Maria Elena Boschi (riforme) e Pina Picierno (legalità e Sud), e meno noti come Federica Morgherini (Europa), Chiara Braga (ambiente) e Alessia Morani (giustizia). Sulla base del noto principio per cui, avrebbe affermato lo stesso Renzi, “le pari opportunità non vanno bene, dunque mettiamo una donna in più”. Solo un’operazione di facciata? Una graziosa concessione ad appartenenti a una specie che se non è a rischio estinzione sta certamente arrancando, come avverte (e conferma) proprio oggi, nel suo rapporto “Stereotipi, rinunce e discriminazioni di genere”, l’Istat, secondo il quale la crisi economica sta avendo come effetto indiretto quello di far riemergere discriminazioni e stereotipi di ruolo che sembravano in buona parte superati? Speriamo di no, come diciamo “no grazie” alle mortificanti quote rosa.
La scelta di Renzi potrebbe essere anche un abile ma certamente non originale grimaldello per dimostrare ancora una volta la propria capacità innovativa. Intanto il nostro ha convocato per domani mattina alle sette la prima segreteria: a voler essere ottimisti anche questo è un segnale di svolta. Almeno nel metodo. Si sa, la maggior parte delle donne è obbligata a essere mattiniera: neanche un minuto della giornata può andare perduto. Forse, ed è auspicabile, si tratta invece di una nuova fase, di un paradigma che potrà fare scuola. L’augurio è che buon senso, concretezza, intuito e cervello multitasking, caratteristiche soprattutto femminili, si sommino a capacità, competenza, eticità dei comportamenti; augurio, quest’ultimo, estensibile anche ai colleghi maschi. Non per dimostrare di essere all’altezza, ma per stupirci ed essere motore di autentica innovazione per un Paese in agonia.
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