Chiedono, in buona sostanza, lavoro. Sono le migliaia di italiani che si stanno riversando nelle piazze e nelle strade – talvolta in modo scomposto e in forme inaccettabili – e i milioni che (ancora) non lo fanno ma sono alla disperata ricerca di migliorare la propria situazione economica. Perché il settimo anno di crisi che sta arrivando ha messo in difficoltà un italiano su cinque, e un altro rischia di finirci a breve, quando cioè la cassa integrazione progressivamente si “spegnerà” e tutta una serie di piccole e mini-aziende – molte nel settore dei servizi – chiuderanno i battenti.
Se la situazione fosse facilmente risolvibile, ebbene pure una classe politica al minimo sindacale potrebbe farcela a tirarci fuori dai guai. Magari l’avrebbe già fatto: ma appunto la situazione non è per nulla semplice, e le “armi” in mano allo Stato sono limitate.
Non possiamo più fare (ulteriori) debiti. Non possiamo stampare moneta. Non possiamo svalutarla. Non possiamo agire più di tanto sul fronte dei costi, quello energetico in primis. Allora dobbiamo essere intelligenti, innovativi e soprattutto coraggiosi.
L’intelligenza sta nel valutare bene gli investimenti pubblici. È scoccata da tempo l’ora di capire quali di questi abbiano un ritorno economico, e di che tipo. Esempi? La folle incentivazione delle energie alternative è ideologica, non economica. Costa miliardi di euro, va compressa.
La costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità si fa perché serve, non perché… si è deciso di farla e non si torna indietro. Quindi a tutta birra dentro il tunnel del Brennero, ma quello tra Torino e Lione a chi e a cosa giova? E l’alta velocità tra Puglia e Campania? Sono in pochi ad averlo capito.
Le autostrade sono comode. Le quarte corsie pure, le tangenziali anche. Ma tutto deve essere fatto se ha un senso economico. Se, ad esempio, si costruisce un’autostrada tra Vicenza e la sua campagna a Sud, solo per ottenere così l’allungamento di una concessione, si fa l’interesse dell’Italia o del concessionario seppur a maggioranza pubblica?
Se invece Internet è ormai vitale come la rete acquedottistica e il metano, le risorse vanno concentrate lì. O si pensa che il futuro sarà del telegrafo? Innovazione vuol dire anzitutto stare al passo con il resto del mondo, perché la competizione è globale e chi ha meno carte da giocarsi, la pagherà cara. Ma non serve fare “incubatoi” o parchi scientifici tecnologici che alla fine si risolvono in carrozzoni in perenne perdita: lo stimolo al fare si costruisce con scuole valide, una formazione di qualità, incentivi fiscali potenti a chi decide di tuffarsi, un’attenzione (superiore a quella per gli stadi nuovi) verso chi sta crescendo in business all’avanguardia. Come il gruppo piemontese Mossi Ghisolfi, leader a livello mondiale nel bioetanolo, che ha tecnologie rivoluzionarie.
Il coraggio è quello di scrollarsi le croste di inefficienza e di spreco. Lo sanno anche i sassi che una spending review seria sulla sanità pubblica – in particolare su forniture e burocrazia interna – porterebbe a risparmi miliardari senza compromettere di un etto il servizio ai cittadini. Magari aiutati da una stampa che non gridi all’attentato alla salute pubblica ogniqualvolta si tenti di sperperare un po’ meno.
Il coraggio è quello di mettere una pietra sopra ai vari “federalismi” che negli ultimi quarant’anni hanno centuplicato incapacità e malaffare; è quello di fare regole chiare che limitino le occasioni di corruzione, le evasioni fiscali in grande stile, le pastoie burocratiche che tutto avvolgono e, infine, soffocano.
Il coraggio è quello di dire a un’Europa che, se continua così, sarà rifiutata dalla gran parte degli europei: permettimi d’incassare meno tasse dai miei cittadini; se non li soffoco, avranno la forza di rimettersi in piedi e di colmare questo debito pubblico altrimenti non rimborsabile.
Se non si avranno questa intelligenza, questa lungimiranza e soprattutto questo coraggio, si rischia di finire in un girotondo dove o si finisce tutti giù per terra, o tutti ai piedi di chi proclamerà: tanto peggio, tanto meglio.