Da Zenit di Salvatore Cernunzio
Chissà a chi si riferiva Papa Francesco, oggi a Santa Marta, quando ha parlato di quei cristiani criticoni a cui prude il naso ogni volta che sentono parlare un predicatore. In realtà, ha spiegato il Santo Padre, dietro questa facciata di “allergia” e “critica”, c’è solo la paura di aprire la porta allo Spirito Santo. Una cosa che a lungo andare porta solo tristezza.
Come sempre il Papa è partito dal Vangelo del giorno, dove Gesù paragona la generazione sua contemporanea a quei bambini perennemente infastiditi e imbronciati “che non sanno giocare con felicità” e “sempre rifiutano l’invito degli altri: se suonano, non ballano; se cantano un canto di lamento, non piangono … nessuna cosa gli va bene”.
Questo rifiuto, però, ha osservato Bergoglio, “non è al messaggio, è al messaggero”, perché questa gente “non era aperta alla Parola di Dio”. Basta notare il trattamento riservato a Giovanni Battista, che “non mangia e non beve” e che viene tacciato per “indemoniato”. Per non parlare delle critiche rivolte a Gesù: “Mangione, beone, amico di pubblicani e peccatori”.
Insomma, la gente di quel tempo – ha detto il Papa – hanno sempre un motivo per criticare il predicatore, anche perché loro seguivano ben altri esempi: “Preferivano rifugiarsi in una religione più elaborata: nei precetti morali, come quel gruppo di farisei; nel compromesso politico, come i sadducei; nella rivoluzione sociale, come gli zeloti; nella spiritualità gnostica, come gli esseni”, ha detto.
“Erano con il loro sistema ben pulito, ben fatto”, ha chiosato il Santo Padre, per questo la figura di un predicatore sconvolge l’equilibrio. Soprattutto, se arriva uno come Gesù che ricorda: “I vostri padri hanno fatto lo stesso con i profeti”. “Il popolo di Dio – ha spiegato infatti Francesco – ha una certa allergia per i predicatori della Parola: i profeti, li ha perseguitati, li ha uccisi”.
Queste persone, dunque – ha aggiunto il Papa – accettano la verità della rivelazione, “ma il predicatore, la predicazione, no. Preferiscono una vita ingabbiata nei loro precetti, nei loro compromessi, nei loro piani rivoluzionari o nella loro spiritualità”. È questo, in fondo, “lo scandalo della predicazione” di cui parlava San Paolo: “Scandalizza che Dio ci parli tramite uomini con limiti, uomini peccatori!”, ha sottolineato il Santo Padre, e “scandalizza di più che Dio ci parli e ci salvi tramite un uomo che dice che è il Figlio di Dio ma finisce come un criminale”. Lo scandalo della predicazione, dunque, “finisce nello scandalo della Croce”.
Ma questi “cristiani che sono chiusi, che sono ingabbiati, questi cristiani tristi … non sono liberi”, perché “hanno paura della libertà dello Spirito Santo, che viene tramite la predicazione”, ha osservato il Pontefice. Essi “non credono nello Spirito Santo, non credono in quella libertà che viene dalla predicazione, che ti ammonisce, ti insegna, ti schiaffeggia, pure; ma è proprio la libertà che fa crescere la Chiesa”. Sono davvero come quei bambini “che hanno paura di ballare, di piangere, paura di tutto, che chiedono sicurezza in tutto”.
Il Papa però, pur stigmatizzando questo atteggiamento, non ha condannato chi fondamentalmente né è vittima, ma anzi ha espresso tutta la sua tenerezza. “Penso a questi cristiani tristi che sempre criticano i predicatori della Verità, perché hanno paura di aprire la porta allo Spirito Santo – ha detto – Preghiamo per loro, e preghiamo anche per noi, che non diventiamo cristiani tristi, tagliando allo Spirito Santo la libertà di venire a noi tramite lo scandalo della predicazione”.