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Al termine della messa a Santa Marta, papa Francesco riceve gli auguri di buon compleanno dal personale di Santa Marta e da quattro senza fissa dimora

Di Luca Marcolivio da Zenit

Una giornata diversa dalle altre alla Casa Santa Marta, in occasione del 77° compleanno del suo più illustre “inquilino”. Per il suo genetliaco, papa Francesco ha voluto celebrare la messa mattutina alla presenza dell’intero personale della Casa. La funzione è stata concelebrata con il cardinale Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio.
Al termine della messa, il Segretario di Stato vaticano, monsignor Pietro Parolin, ha rivolto al Papa gli auguri dei suoi collaboratori presso la Segreteria di Stato. Parimenti ha fatto monsignor Konrad Krajewski, Elemosiniere di Sua Santità, che ha presentato al Pontefice quattro persone senza fissa dimora.

L’incontro si è concluso con un coro di auguri intonato da tutti i presenti, cui si è unito il direttore della Casa Santa Marta. Di seguito, papa Francesco si è recato in refettorio a fare colazione, accompagnato da tutti i partecipanti alla messa.

Nel corso dell’omelia, parlando del Vangelo odierno (Mt 1,1-17), che descrive la genealogia di Gesù, il Santo Padre ha scherzato: “Qualcuno una volta ho sentito che diceva: ‘Ma questo brano del Vangelo sembra l’elenco telefonico!”.

Si tratta, invece, ha spiegato, di un passaggio importante, in quanto ricorda che “Dio si è fatto storia” e Gesù è “consustanziale al Padre” ma anche “consustanziale alla Madre”, la Vergine Maria.

Dopo il peccato originale, ha proseguito il Papa, Dio ha voluto “fare il cammino con noi”, partendo da Abramo, passando per Isacco e Giacobbe, fino ad arrivare ad ognuno di noi.

“Dio non ha voluto venire a salvarci senza storia. Lui ha voluto fare storia con noi”. In questa storia “cha va dal peccato alla santità”, ci sono sia “santi” che “peccatori”.

Quindi, Dio ha fatto storia anche con i “peccatori di alto livello”, con coloro che “non hanno risposto a tutto quello che Dio pensava per loro”, come ad esempio, “Salomone tanto grande, tanto intelligente”, che pure “finì, poveraccio, lì, che non sapeva come si chiamava!”.

È come se Dio prendesse da noi il nome per farne “il suo cognome” e potesse dire: “Io sono il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Pedro, di Marietta, di Armony, di Marisa, di Simone, di tutti!”.

In un certo senso, Dio “si è lasciato scrivere la sua vita da noi”, mettendosi alla sequela della nostra “storia di grazia e peccato”. È in ciò che si dimostra “l’umiltà di Dio, la pazienza di Dio, l’amore di Dio” che “fa commuovere”.

Con l’approssimarsi del Natale, quindi, è auspicabile, “se Lui ha fatto la sua storia con noi, se Lui ha preso il suo cognome da noi, se Lui ha lasciato che noi scrivessimo la sua storia, almeno lasciamo, noi, che Lui ci scriva la nostra storia”.

E la santità è proprio nel permettere che “il Signore ti scriva la storia e che tu lasci che Lui te la scriva”, ha quindi concluso il Pontefice.

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