Il quadro politico italiano è in rapido movimento. I “forconi” stanno dando le loro spallate. Renzi nel Pd reagisce con promesse di grandi cambiamenti di cui già si intravvedono i contorni. Grillo alza ancora di più la voce. Berlusconi tace, pronto come sempre allo scatto finale. Salvini per la Lega chiede la mobilitazione anti-Euro. Che ne sarà della nostra rappresentanza politica?
Lo abbiamo chiesto a Mauro Magatti, docente di sociologia generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Lo abbiamo chiesto a Mauro Magatti, docente di sociologia generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
La sensazione generale è di un “tutti contro tutti”. Che succede in Italia?
“Il nostro sistema politico è cambiato, prima con la frattura dentro Forza Italia, e con un governo che è diventato di ‘larghe intese’ meno Berlusconi. Poi con la vittoria di Renzi alle primarie. Gli esiti di questi due cambiamenti sono del tutto aperti. La sinistra avrà probabilmente sempre più difficoltà a rappresentare il malcontento sociale diffuso. Questo perché i due settori dove si concentra il disagio e che sono esclusi dai meccanismi della protezione sociale, vale a dire i ceti popolari e il lavoro autonomo, non si sentono da essa rappresentati. Lì si trovano i maggiori rischi”.
Rischi di che genere?
“Che si apra un grande varco, dove questi ceti che stanno soffrendo pesantemente la crisi sviluppino, come già hanno mostrato, un forte sentimento antiistituzionale. Se si guarda a certe venature del grillismo o anche di settori di Forza Italia, si vede che ci possono essere pulsioni di questo genere. Occorrerà stare attenti a una radicalizzazione della protesta verso destra. Il malcontento è ormai molto forte”.
La nuova legge elettorale potrà aiutare a risolvere questa situazione?
“Almeno occorre tentarci. L’obiettivo più ragionevole mi pare quello di una legge elettorale che costruisca un bipolarismo non monocolore, ma che faciliti la convergenza verso il centro, invece che polarizzare verso le ali estreme, destra e sinistra, cosa che è successa con le leggi elettorali degli ultimi 15 anni. Penso che il sistema maggioritario a doppio turno possa aiutare a raggiungere questa convergenza. Alle forze politiche dobbiamo chiedere non di puntare a sterili e penosi tatticismi di breve periodo, di chi ha in mente solo le prossime elezioni, ma ad un sistema che dia stabilità e reale rappresentanza. Ciò esige una ‘altezza morale’ in chi sta conducendo questa partita”.
Perché oggi tutto pare così “confuso” nella società e nella politica?
“Ciò che vediamo fa parte di quella ‘società liquida’ descritta da Zygmunt Bauman. Se in alcuni Paesi come Usa, Germania, Gran Bretagna sul piano delle istituzioni come delle regole di vita dei partiti e dei sistemi elettorali, le cose sembrano più stabili, è perché si accettano regole condivise, da noi abbiamo ancora fortissime difficoltà a creare tale consenso”.
Dobbiamo forse rassegnarci a questa instabilità?
“In Italia l’avvento di questa ‘società liquida’ ha coinciso con diversi cambiamenti, tra cui quelli istituzionali e politici degli ultimi 20 anni derivanti dall’ingresso nella partita politica di ‘famiglie’ in realtà molto confuse. Così sommando all’instabilità sociale anche una drammatica fragilità istituzionale, culturale e politica, il risultato è l’ingovernabilità. Come cattolici abbiamo le nostre responsabilità. In prospettiva, dovremmo puntare a un bipolarismo che riconosca e si metta in relazione con questa presenza cattolica, che è la principale dal punto di vista culturale nel Paese, accanto ad altre anche loro significative”.
Che ne pensa del decreto sullo stop al finanziamento pubblico dei partiti?
“Il segnale distensivo all’opinione pubblica è stato lanciato, ma mi pare che il rinvio al 2017 sia un po’ assurdo, perché la crisi le persone la vivono oggi e molti sono senza riparo. È però anche evidente che in una democrazia funzionante, il modo con cui si reperiscono le risorse per la politica non è un fatto irrilevante”.
La crisi sembra toccare anche le associazioni di categoria ed i sindacati. Perché?
“Il fenomeno non è nuovo, da tempo si osserva che queste associazioni si sono un po’ sclerotizzate. Oggi, con larghe fasce di popolazione e lavoratori esclusi dalle garanzie, queste realtà intermedie divengono meno utili e addirittura rischiano di non capire il vuoto di rappresentanza. Così rischiano di diventare una burocrazia inefficiente, e di essere accomunate al sistema dei partiti nel giudizio negativo”.
C’è una proposta sintetica al Paese per uscire da questa situazione bloccata?
“Havel, in Cecoslovacchia, aveva parlato di ‘coraggio della verità’. Bisogna dire la verità non solo sulla situazione che è grave, ma sui privilegi che permangono e a cui non si vuole rinunciare. Poi il Paese dovrebbe accordarsi sul fatto che le potenzialità in Italia ci sono, ma bisogna convincersi che siamo ‘sulla stessa barca’: o ci salviamo insieme o non si salva nessuno. Direi che i cattolici dovrebbero offrire a tutti la categoria del ‘bene comune’, per far convergere le migliori energie di tutti. Solo così se ne esce”.
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