Ho potuto partecipare nel maggio 2007 ad Aparecida, in Brasile, ai primi giorni dei lavori della quinta Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano, con la presenza e la parola di Benedetto XVI. Grazie soprattutto al cristianesimo c’è una “parentela” stretta tra Europa e America Latina. Essa va oggi approfondita. Le Chiese dei due continenti hanno sfide comuni: entrambe si sentono confrontate con il processo di globalizzazione, con le immense povertà e ingiustizie sociali ed entrambe s’interrogano sul rapporto tra Chiesa e politica, sul significato della scelta preferenziale per i poveri, sulla presenza nei mezzi di comunicazione, ma soprattutto s’interrogano su come ridire Dio ai propri popoli. Sono queste le domande che Papa Benedetto ha affrontato nel discorso inaugurale della Conferenza di Aparecida e che si ritrovano nel documento finale.
Ma l’evento storico più emblematico è il fatto che la Chiesa cattolica ha oggi un vescovo di Roma che viene dall’America latina, dove vivono quasi la metà dei cattolici del mondo. Questo fatto invita l’Europa a pensarsi e comprendersi da un altro punto di vista, da un’altra prospettiva. L’Europa si può capire oggi solo dentro la situazione globale e nei confronti con le altre regioni del pianeta. Un Papa originario dell’Argentina naturalmente parla all’Europa con la ricchezza e la luce dell’esperienza ecclesiale, culturale, politica, sociale vissuta nel proprio Paese e continente. Si potrebbe immaginare che il Papa abbia scritto la sua esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” o il suo messaggio per la pace 2014 o che scriverà un’eventuale enciclica sociale, seduto nella periferia di Buenos Aires, guardando il mondo da questa prospettiva.
Ci troviamo davanti alla sorpresa di avere un punto di lettura della situazione politica, economica, sociale che ha cambiato casa e dall’Europa è passato a un altro continente. Questo evento naturalmente suscita anche il difficile interrogativo se l’Europa non stia perdendo il suo ruolo centrale nel mondo sia a livello economico-politico sia culturale e spirituale.
L’Europa è stato il primo continente dove si è inculturato il cristianesimo e dall’Europa il Vangelo è partito verso gli altri continenti, compresa l’America Latina. È simbolico il fatto che la stessa famiglia Bergoglio abbia origini italiane. La Chiesa è stata storicamente e intrinsecamente legata all’Europa e questo non può mai perdersi, perché appartiene ai disegni della Provvidenza; ma ora la prospettiva sta cambiando e altri continenti, altre culture si affacciano come protagoniste della Chiesa.
Forse per l’Europa è giunto un tempo di “humilitas” in cui deve ritrovare la sua grande tradizione, ma anche riconoscere i propri gravi errori, il proprio smarrimento e interrogarsi seriamente sul contributo di cui ha bisogno da parte delle altre regioni del mondo. Se l’Europa avrà il coraggio di questa “humilitas”, certo tutti i popoli della terra continueranno a guardare al “vecchio continente”, scelto dalla Provvidenza a essere per due millenni la casa del cristianesimo, divenuto spazio di cultura, scienza e arte e si potranno aprire nuovi sentieri di scambio e solidarietà a livello mondiale. L’elezione di un vescovo di Roma dell’America Latina esprime, quindi, con grande evidenza la “cattolicità” della Chiesa, cioè la sua universalità.
La Chiesa è un popolo unico costituito da gente di ogni razza, cultura, popolo, nazione, regione della terra. È un simbolo bello la simpatia, l’affetto, l’attenzione e l’attesa con cui l’Europa ha accolto Papa Francesco.
Francesco è entrato subito nel cuore degli europei che hanno riconosciuto con gioia la sua paternità. C’è una forte impressione di continuità e novità, come succede sempre per le cose di Dio.