Ha parlato della Curia alla Curia, nel tradizionale discorso di auguri, il primo del pontificato. Papa Francesco, “persona dell’anno” secondo “Time”, non ha proposto un meditato bilancio dell’anno e un quadro di prospettive programmatiche.
Si è concentrato appunto sulla Curia, il grande problema e il grande tema della transizione tra i due pontificati, il fatto storico di questo 2013. Lo ha fatto parlandone in positivo, “questa compenetrazione tra universale e particolare” e rilanciando un fortissimo richiamo a “fare bene il proprio dovere”, professionalità, servizio e (soprattutto) santità della vita. Sempre in positivo ha esortato a una ecologia ambientale, spingendo all’”obiezione di coscienza dalle chiacchiere”. E ha messo senza esitazione il dito nella piaga: “Quando l’atteggiamento non è di servizio alle Chiese particolari e ai loro Vescovi, allora cresce la struttura della Curia come una pesante dogana burocratica, ispettrice e inquisitrice, che non permette l’azione dello Spirito Santo e la crescita del popolo di Dio”. In questo modo ha disegnato la “grande riforma” della Curia di cui tanto si parla. Che arriva e parte proprio di qui. Dalla conversione, che poi è il grande tema del pontificato.
Una bella, rasserenante, dinamica, creativa, conversione gioiosa, per stare meglio e per fare meglio, non per ottemperare a precetti o per seguire schemi, scuole o personalità. È il metodo di Papa Bergoglio, cui non si devono chiedere programmi, che peraltro ha illustrato con chiarezza nell’Evangelii Gaudium. Questo documento comincia proprio con un’esclamazione programmatica: “Ci fa tanto bene tornare a Lui quando ci siamo perduti!”. E così spiega il dinamismo che il Papa indica, che lo caratterizza, cui sprona tutta la Chiesa e, come dimostra per tutti “Time”, va ben oltre la Chiesa stessa: tornare per uscire, “primerear”, come dice con un neologismo: prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare. Tutti verbi che fanno rima con il concetto dinamico e positivo di conversione. È l’energia, il vigore che Benedetto XVI evocava per il suo successore nel momento in cui ha dettato la sua rinuncia.
Per questo bisogna marcarlo stretto, marcarlo a vista, il Papa, per farsi investire da questo dinamismo, per contagio prima che per persuasione intellettuale. In fin dei conti è questo il motivo profondo per cui le folle accorrono a San Pietro ma più in generale si accostano al Papa in tutti i molteplici mezzi possibili. È un contatto vivo, che mette in movimento, in cammino. E in questo modo – anche se è certamente arduo – ri-crea comunità. Alcuni osservatori più scettici sottolineano un rischio di verticalizzazione. Il discorso per gli auguri alla Curia risponde anche a questo, e rilancia la coralità e la comunità, di una vita ecclesiale, che ha alla sua radice e come suo obiettivo la santità. E necessariamente la testimonia per il servizio, a tutti.