La Spagna fa marcia indietro sull’aborto. Il governo di Mariano Rajoy ha approvato un progetto di legge che rende più restrittivo l’accesso all’aborto. La “Riforma” adottata nella giornata di ieri modifica la legge voluta tre anni fa dal governo progressista di Rodriguez Zapatero che aveva reso la legislazione spagnola in materia di interruzione volontaria di gravidanza tra le più libere in Europa. Ma la Spagna ci ha ripensato e il governo ha presentato ieri un progetto di legge che se approvato dal Parlamento elimina i vincoli temporali entro i quali è possibile interrompere la gravidanza e consente l’aborto solo nei casi di stupro e di “pericolo grave” per la salute fisica o psichica della donna. Inoltre, abolisce anche la possibilità, introdotta nel 2010, che ragazze minori di 16 anni possano abortire senza il consenso dei genitori.
Fin qui la cronaca di ieri. La domanda oggi è: perché la Spagna ci ha ripensato? Perché ha deciso di tornare indietro? L’analisi più fredda è quella strettamente politica e mette a confronto governi dalle anime diverse e bipolari: da una parte il progressista Zapatero e dall’altra il conservatore Rajoy. Ma su un tema come l’aborto e la vita ci piacerebbe pensare che non sia andata così. Ci piacerebbe ipotizzare che dietro al dietrofront spagnolo ci fossero innanzitutto le donne. Quelle donne che non agiscono per appartenenza di bandiera e colore ma per amore della vita, anche se a volte è un mistero. Ci piacerebbe pensare che dietro al ripensamento spagnolo ci fossero politici che sui temi bioetici, non stanno al gioco del balletto politico ma seguano la loro coscienza. E ci piacerebbe pensare che dietro alla decisione del governo di Rajoy ci fosse una società capace ancora di essere solidale con l’altro e in questo caso con il nuovo che nasce. La Spagna oggi dice all’Europa che tornare indietro si può. Speriamo solo che lo abbia fatto per amore perché solo così una legge è destinata ad entrare per sempre nell’anima di un popolo.
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