Una luce che ha rotto le tenebre. La profezia di Isaia sulla venuta al mondo del Figlio di Dio (cfr. Is 9,1) non richiama “solo un fatto emotivo” o “sentimentale”. Lo ha detto papa Francesco durante l’omelia in occasione della messa natalizia di mezzanotte nella Basilica di San Pietro.
L’incarnazione di Dio in Gesù Bambino “ci commuove perché dice la realtà profonda di ciò che siamo: siamo popolo in cammino, e intorno a noi – e anche dentro di noi – ci sono tenebre e luce”, ha aggiunto il Papa.
L’immagine del popolo in cammino che vede una grande luce, fa riflettere sul duplice mistero del “camminare” e del “vedere”.
Siamo infatti dinnanzi a una tappa fondamentale in “quel lungo cammino che è la storia della salvezza”, iniziato da “Abramo, nostro padre nella fede” che avvia il pellegrinaggio dei credenti “verso la terra promessa”.
In questa storia, il Signore “è sempre fedele alle sue promesse”, ha ricordato il Santo Padre. Se Dio, da un lato, “è luce, e in lui non c’è tenebra alcuna” (1Gv 1,5), nel popolo “si alternano momenti di luce e di tenebra, fedeltà e infedeltà, obbedienza e ribellione; momenti di popolo pellegrino e di popolo errante”.
Parimenti, anche nella “storia personale” di ogni uomo “si alternano momenti luminosi e oscuri, luci e ombre”. Quando prevale l’amore per Dio e per gli uomini, “camminiamo nella luce” ma se, al contrario, “prevalgono in noi l’orgoglio, la menzogna, la ricerca del proprio interesse, allora scendono le tenebre dentro di noi e intorno a noi”.
La luce di cui parla Isaia, dunque, è la grazia grandissima della nascita di Gesù dalla Vergine Maria. “Egli è venuto nella nostra storia, ha condiviso il nostro cammino – ha detto il Papa -. È venuto per liberarci dalle tenebre e donarci la luce. In Lui è apparsa la grazia, la misericordia, la tenerezza del Padre: Gesù è l’Amore fattosi carne”.
Cristo non è solo un “maestro di sapienza”, né “un ideale a cui tendiamo e dal quale sappiamo di essere inesorabilmente lontani”. Egli è “il senso della vita e della storia che ha posto la sua tenda in mezzo a noi”.
A vederlo e a ricevere per primi la notizia della nascita di Gesù furono i pastori, proprio perché erano “tra gli ultimi, gli emarginati”.
“Con loro ringraziamo il Signore di averci donato Gesù, e con loro lasciamo salire dal profondo del cuore la lode della sua fedeltà”, ha commentato il Pontefice. Da “Altissimo” che è, Dio si è “abbassato per noi”; da “ricco” si è fatto “povero”; da “onnipotente” si fa “debole”.
Nella notte di Natale “condividiamo la gioia del Vangelo”, ha proseguito il Papa. “Il nostro Padre è paziente, ci ama, ci dona Gesù per guidarci nel cammino verso la terra promessa. Egli è la luce che rischiara le tenebre. Egli è la nostra pace”, ha quindi concluso.
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