Anche dalla Cina è giunto il ricordo del primo presidente nero del Sud Africa, Nelson Mandela. Attraverso il suo account di Weibo – sito di microblogging cinese – il vescovo ausiliare di Shanghai, monsignor Taddeo Ma Daqin, ha citato alcune celebri frasi del leader scomparso a favore della libertà, della fede e della giustizia. La prima recitava: “La libertà è indivisibile; le catene su un solo membro del mio popolo sono catene su ognuno di loro, le catene su tutto il mio popolo sono le catene su di me”. La seconda, sulla fede, ricordava che questa “a volte è costretta a subire dei dolorosi test, ma non permetterò al pessimismo di avere la meglio”. Infine, quella sulla giustizia: “Sia gli oppressori che gli oppressi hanno bisogno di essere liberati. Coloro che portano via la libertà degli altri sono prigionieri dell’odio. Sono costretti dietro le sbarre del pregiudizio e di una mente chiusa”.
Da un anno e mezzo agli arresti domiciliari. Il vescovo Ma – che non usava il suo blog dal mese di ottobre, quando commentò una riflessione sulla “Lumen Fidei” di Papa Francesco – è agli arresti nel seminario di Sheshan dal luglio del 2012, quando, subito dopo la sua ordinazione episcopale, poi revocata dalle autorità cinesi nel dicembre successivo, si dimise con grande coraggio dall’Associazione patriottica, l’ente legato al Partito Comunista, al quale fa capo la Chiesa ufficiale, che organizza messe, catechismo, ordinazioni episcopali come se fosse la Santa Sede e pretende di essere indipendente dal Papa, considerato un capo di Stato straniero. Il vescovo Ma fu in seguito privato della possibilità di uscire in pubblico e di dire messa. Come riferisce Asia News, lo scorso 2 dicembre, mons. Ma ha compiuto 45 anni. I suoi fedeli, che lo riconoscono come vescovo di Shangai, gli hanno scritto sul blog per fargli gli auguri, e lo hanno chiamato “molto rispettabile vescovo”. Qualche giorno prima, il 24 novembre, in occasione della solennità di Cristo Re, i cattolici hanno augurato “felicità” a mons. Ma, e hanno scritto sul sito: “Cristo conquista, Egli regna e comanda”.
È la libertà religiosa la prima forma di libertà da rispettare. Negli ultimi mesi, sono stati imprigionati padre Tian Dalong e un altro sacerdote della Chiesa sotterranea, accusati di aver organizzato sessioni di catechismo per adulti nella cittadina di Qinyuan, vicino a Baoding (Hebei). Secondo fonti di AsiaNews, vi sono almeno altri dieci sacerdoti in condizioni simili, alcuni perfino condannati al laojiao (i campi di rieducazione attraverso il lavoro che Xi Jinping vorrebbe abolire nel 2020) per anni. Nel mese di novembre, la polizia della provincia centrale dell’Henan ha arrestato anche il pastore protestante Zhang Shaojie, leader della chiesa della contea di Nanle, e più di 20 fra dipendenti della struttura e fedeli cristiani. Secondo ChinaAid, il pastore avrebbe “fatto arrabbiare” le autorità dopo aver difeso più volte i suoi fedeli contro gli abusi dei funzionari comunisti. Per arrestare Zhang – che fa parte del Movimento delle tre autonomie, la Chiesa protestante “ufficiale” voluta da Mao Zedong – la polizia l’ha “invitato a un colloquio” e da allora il pastore è sparito. Se la Cina volesse davvero incamminarsi sulla strada della libertà e della democrazia, sarebbe opportuno che piuttosto che proclamarlo, realizzasse azioni concrete rispettando innanzitutto la libertà religiosa.
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