Compleanno in chiaroscuro per la Rai. Le prime trasmissioni della tv di Stato furono trasmesse il 3 gennaio del 1954 per un pubblico di “happy few”: su tutto il territorio, infatti, c’erano solo 80mila apparecchi (ci voleva un anno di stipendio di allora per comprarne un televisore) e gli abbonati erano solo ventimila. Il primo programma fu un’intervista con l’ingegner Filiberto Guala, amministratore delegato della Rai, che definì il nuovo mezzo come “il focolare del nostro tempo”. Da allora le cose sono cambiate in modo radicale e il progresso della tecnologia della comunicazione non accenna a fermarsi. Dal “focolare” siamo passati infatti ai supercellulari perennemente connessi e alla televisione multipiattaforma e in alta definizione digitale. La Rai di oggi è un colosso dell’editoria multimediale. Il suo sito di web television è il più “cliccato” d’Italia; la Rai gestisce ventidue canali televisivi, cinque canali radiofonici, undici testate giornalistiche, e i programmi sono sotto le competenze di dieci direzioni generali diverse. La Rai è anche il nuovo dominus unico del cinema italiano, con un investimento annuo di circa 80 milioni di euro per l’acquisto di diritti di sfruttamento, ha scritto Marco Mele su “Sole 24 Ore”. In occasione del sessantesimo compleanno la redazione degli Speciali del Tg1 trasmetterà questa sera uno speciale documentario di montaggio di sessanta minuti realizzato da Daniele Valentini (figlio del famoso anchor degli anni Settanta Massimo Valentini) sui momenti memorabili della storia dell’informazione della Rai.
Rischio chiusura per lo storico centro di produzione di Torino. Il momento di celebrazioni però è oscurato da alcune zone d’ombra. Pochi lo sanno perché la notizia non è mai stata resa pubblica ma la crisi economica che in questi ultimi due anni ha fatto registrare perdite di centinaia di milioni di euro per il fatturato della Rai stava per indurre il direttore generale Luigi Gubitosi a una decisione drammatica. Nel nuovo piano industriale della Rai, infatti, era prevista la chiusura del centro di produzione di Torino. Sarebbe stato uno strano modo di festeggiare il sessantesimo compleanno della Rai. In Italia i primi studi e le prime prove sperimentali di trasmissioni televisive furono effettuate infatti proprio a Torino a partire dal 1934, città che già ospitava il Centro di Direzione dell’Eiar (in seguito Rai), presso i locali del Teatro di Torino, attiguo alla sede storica di via Verdi. Dopo le sperimentazioni interrotte bruscamente durante la guerra, il primo trasmettitore della Rai, che era stato sequestrato dai tedeschi, venne recuperato dalle forze alleate e installato ad Eremo, sulle colline torinesi, e dalle nuove antenne installate sul tetto della sede Rai di via Verdi a Torino partì il segnale della prima trasmissione televisiva del 3 gennaio 1954. Una trattativa politica molto intensa con i politici piemontesi ha scongiurato il pericolo e la sede piemontese della Rai adesso punta al rilancio con Piero Grignani, un nuovo direttore (il posto era rimasto vacante per molti mesi) che sta dando un impulso alle produzioni del centro di Torino.
Il nodo del rinnovo della concessione della licenza. La Rai dovrà affrontare presto un problema molto più grande: il rinnovo della concessione di servizio pubblico che scade nel 2016. La concorrenza, infatti, grazie allo sviluppo delle tecnologie digitali, si è fatta molto agguerrita. Molte importanti televisioni locali (Roma Uno, Tele Norba, eccetera) si sono consorziate e vogliono candidarsi alla gestione della concessione, almeno per quanto riguarda l’informazione regionale. Sta anche crescendo la concorrenza dei grandi gruppi editoriali italiani (Corriere della Sera, La repubblica) e nei palazzi della politica si parla con sempre maggiore insistenza di alcune ipotesi di privatizzazione della Rai. Durante il Governo Monti, un documento molto riservato sulla possibilità di vendere alcuni canali della Rai era circolato negli uffici di via Veneto del ministero dello Sviluppo economico.
I problemi economici non accennano a diminuire. Ci sono poi i problemi economici che, nonostante il risanamento messo in piedi da Luigi Gubitosi, non accennano a diminuire. Nel 2012 la Rai ha registrato perdite per 245 milioni di euro. I costi sono stati pari a 2,54 miliardi, di cui 1,6 miliardi spesi verso fornitori esterni e 992 milioni di retribuzioni per gli oltre diecimila dipendenti. Sono poco più di 16 milioni gli italiani che pagano il canone ma quasi un milione di cittadini sono stati denunciati per morosità. Un segnale di disaffezione oltre che un problema economico. La Rai continua ad avere un invidiabile primato di ascolti ma la platea dei nativi digitali incalza. Presto anche la Rai, come succede già negli Usa, dovrà ripensare tutta la propria strategia editoriale, in chiave crossmediale e multipiattaforma. Nel frattempo però il tavolo di trattativa con Google per lo sfruttamento di video della Rai su Youtube è a un passo da una clamorosa rottura. C’è infine la politica. Il direttore generale Gubitosi è già alla ricerca di una nuova occupazione mentre, all’ombra delle incertezze del governo Letta e dell’ascesa di Renzi, già si scaldano le ambizioni di molti per le poltrone più desiderate e meglio remunerate di Italia.