Vallini“Il Papa ci ha fortemente incoraggiato a metterci sempre di più sulle vie della solidarietà, ridiscutendo anche gli stili di vita personali, familiari, ecclesiali e pubblici. Questo è stato il suo grande messaggio di fine anno”. A parlare è il cardinale Agostino Vallini, vicario di Roma, a commento delle parole di Papa Francesco durante il Te Deum del 31 dicembre, durante il quale ha esortato la città di Roma, con l’anno nuovo, ad essere “ancora più ricca di umanità, ospitale, accogliente”.
 
Il 2013 si è concluso con le parole che Papa Francesco ha dedicato a Roma, “città di una bellezza unica” ma con “tante persone segnate da miserie materiali e morali”. Come le accoglie la Chiesa di Roma?
“Il Te deum di fine anno a San Pietro non è una cosa nuova. È un incontro diocesano e di ringraziamento al Signore per la vita trascorsa, con lo sguardo verso il futuro e la presenza degli amministratori della città. Anche Papa Benedetto XVI parlava delle questioni che riguardano la città. Personalmente ho molto apprezzato che Papa Francesco abbia toccato in maniera viva certe questioni, ponendo interrogativi stimolanti e ponendo l’attenzione sulla città di Roma. Questo ci incoraggia a portare avanti il lavoro di evangelizzazione e carità nella nostra diocesi”.
Papa Francesco usa spesso delle metafore per comunicare. Stavolta ha detto che “la Roma dell’anno nuovo sarà migliore se non ci saranno persone che la guardano ‘da lontano’, che guardano la sua vita solo ‘dal balcone’, senza coinvolgersi in tanti problemi umani”. Vuol dire che i cittadini romani – e le istituzioni – sono un po’ indifferenti alle povertà?
“Il Papa vuole incoraggiare tutti i cittadini romani che ascoltano la sua parola a prendere coscienza di una responsabilità civica. Grazie a Dio c’è la presenza delle parrocchie, dei gruppi, dei movimenti ecclesiali. Se a Roma non ci fosse la Caritas diocesana e parrocchiale, S.Egidio e tante altre associazioni, la miseria sarebbe galoppante. Ma devo dire che anche le istituzioni si impegnano. Molti nostri progetti sono finanziati dalle istituzioni”.
Il Papa ci ha però chiesto di interrogarci sulla qualità della vita e della cittadinanza a Roma, quanto la città sia vivibile, ordinata, accogliente. C’è un mea culpa da fare, come cittadini e amministratori?
“Il Papa parlava in modo particolare ai cittadini di Roma. Certamente bisogna aprirsi ad una maggiore solidarietà e attenzione a chi soffre e ai tanti bisogni. Qui torna in ballo anche l’attività politica, le scelte che si fanno a livello di governo perché ci si prenda più cura della città. Ricordiamo tutte le crisi che si sono succedute a livello di Regione Lazio. Quando le istituzioni non guardano ai loro doveri istituzionali è chiaro che le cose non vanno. Il Papa sollecita una sorta di revisione di vita perché la coscienza civica, e naturalmente anche quella ecclesiale, prendano a cuore le grandi situazioni di bisogno che oggi ci sono”.
Nel 2014 quali azioni sono necessarie “per rendere un poco migliore la nostra città”, come chiede Papa Francesco?
“Il Papa ci invita al senso della condivisione. Non dimentichiamo che Roma è cambiata. Negli ultimi 50 anni la città è aumentata di un milione di abitanti. Sia per le ondate migratorie degli italiani dal sud e dal centro, sia per l’immigrazione dal Sud del mondo e dall’est Europa. Abbiamo a Roma migliaia di persone che vivono in condizioni estremamente precarie, basti pensare ai campi rom, una questione che andrebbe sicuramente affrontata, anche se mi rendo conto che non è così semplice risolverla. In più ci sono i problemi legati alla perdita del lavoro: i giovani che non lo trovano, le famiglie in difficoltà. Quelli che una volta andavano ad aiutare alla Caritas oggi vanno a mangiare alla Caritas. Ci sono persone che dormono in macchina, tantissimi sfratti. Come diocesi, parrocchie e centri caritativi forniamo aiuti alle famiglie a fondo perduto, per pagare le bollette o evitare lo sfratto. La crisi morde questo tessuto sociale”.

È una esortazione a condividere di più per aiutare tutti?
“Sì. Facciamo crescere la nostra esperienza di fede perché sicuramente ci porterà ad un maggiore impegno di condivisione e responsabilità. Non chiudiamo gli occhi di fronte alle persone che ci vivono accanto e sono in condizioni di maggiore bisogno”.

Qual è quindi il suo augurio di buon anno ai romani?
“L’augurio è di non perdere di vista l’orientamento che viene dal mistero dell’Incarnazione e guardarci intorno per sentirci tutti più responsabili di chi ci vive accanto. Il precetto dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo diventi una esperienza di vita quotidiana”.

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