“Tutti nella Chiesa siamo discepoli, e lo siamo sempre, per tutta la vita, e tutti siamo missionari, ciascuno nel posto che il Signore gli ha assegnato”. Lo ha detto il Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi è tornato a parlare del battesimo, il sacramento che “ci fa entrare nel Popolo di Dio che cammina e trasmette la fede”.
“Il più piccolo è missionario, e quello che sembra più grande è discepolo”, ha aggiunto il Papa a braccio, e ha puntualizzato: “Anche i vescovi e il Papa devono essere discepoli, perché se non sono discepoli non possono essere missionari, non possono trasmettere la fede”.
“Tutti noi siamo discepoli e missionari”, ha spiegato Papa Francesco, secondo il quale “come di generazione in generazione si trasmette la vita, così anche di generazione in generazione si trasmette la grazia, e con questa grazia il popolo cristiano cammina nel tempo, come un fiume che irriga la terra e diffonde nel mondo la benedizione di Dio”. Per il Papa, c’è “una catena nella trasmissione della fede, e noi siamo un anello di questa catena, un passo avanti sempre, come un fiume che irriga la terra”. “Dobbiamo trasmettere la fede ai nostri figli, ai bambini, perché loro, quando diventeranno adulti, la trasmettano ai loro figli”, l’esortazione del Papa, pronunciata sempre a braccio.
“Nessuno si salva da solo”. A ribadirlo è stato il Papa, che nella seconda udienza dedicata al sacramento del battesimo si è soffermato sulla dimensione comunitaria di questo sacramento.
“Siamo comunità di credenti – le parole di Papa Francesco – e nella comunità sperimentiamo la bellezza di condividere l’esperienza di un amore che ci precede tutti, ma che nello stesso tempo ci chiede di essere canali della grazia gli uni per gli altri, malgrado i nostri limiti e i nostri peccati”. “La dimensione comunitaria non è solo una cornice, un contorno – ha ammonito il Papa – ma è parte integrante della vita cristiana, della testimonianza e dell’evangelizzazione”. “La fede cristiana nasce e vive nella Chiesa – ha ricordato – e nel battesimo le famiglie e le parrocchie celebrano l’incorporazione di un nuovo membro a Cristo e al suo corpo che è la Chiesa”.
Una storia “esemplare”, che dimostra l’“importanza del battesimo per il popolo di Dio”.
Il Papa, che ha citato l’esperienza della comunità cristiana in Giappone, vittima di “una dura persecuzione” agli inizi del secolo XVII.
“Vi furono numerosi martiri, i membri del clero furono espulsi e migliaia di fedeli furono uccisi”, ha ricordato il Papa, tanto che “non è rimasto in Giappone nessun prete”. Allora, “la comunità si ritirò nella clandestinità, conservando la fede e la preghiera nel nascondimento”. “E quando nasceva un bambino, il papà e la mamma lo battezzavano, perché tutti noi possiamo battezzare”, ha aggiunto il Papa a braccio. “Quando, dopo circa due secoli e mezzo, i missionari ritornarono in Giappone, migliaia di cristiani uscirono allo scoperto e la Chiesa poté rifiorire”, ha detto Papa Francesco: “Erano sopravvissuti con la grazia del loro battesimo, e avevano mantenuto, pur nel segreto, un forte spirito comunitario, perché il battesimo li aveva fatti diventare un solo corpo in Cristo”. “Erano isolati e nascosti, ma erano sempre membra della Chiesa”, ha sintetizzato il Papa, assicurando che “possiamo imparare tanto da questa storia”. “Imparate dalla Chiesa giapponese”, l’invito rivolto dal Papa ai fedeli di lingua araba, provenienti dalla Giordania e dalla Terra Santa, a cui ha raccontato la stessa storia.
Tra i fedeli di lingua italiana presenti all’udienza generale di oggi, il Papa ha rivolto un saluto particolare ai Lancieri di Aosta, che “hanno prestato soccorso agli immigrati di Lampedusa”, ha detto salutato da un caloroso applauso. A farsi sentire, con un applauso altrettanto fragoroso, sono stati gli studenti della diocesi di Caserta, al punto che il Papa ha commentato scherzosamente: “Sono rumorosi questi casertani!”. “Vivere con generosità il proprio impegno ecclesiale, perché il Signore riempia i cuori della gioia che solo Lui può donare”, l’invito rivolto poi a tutti i fedeli. Il triplice saluto finale – ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli – che come di consueto conclude l’appuntamento del mercoledì è stato dedicato interamente al sacramento del battesimo, di cui abbiamo celebrato la festa domenica scorsa, Solennità del Battesimo del Signore: “Cari giovani, riscoprite quotidianamente la grazia che proviene dal sacramento ricevuto. Voi, cari ammalati, attingete dal battesimo la forza per affrontare momenti di dolore e di sconforto. E voi, cari sposi, sappiate tradurre gli impegni del battesimo nel vostro cammino di vita familiare”.