giovani paceTel Aviv, Daniele Rocchi
Il dialogo e la conoscenza reciproca come regola per lottare contro il conflitto israelo-palestinese e formare i leader di domani. Un’azione che dura da trenta anni che vede impegnata Sadaka-Reut, associazione di giovani arabi ed ebrei. Più le distanze tra i due popoli aumentano, più il conflitto si aggrava, più gli sforzi di questi giovani si intensificano al fine di creare una comunità capace di cambiamenti sociali, di correggere le ingiustizie e costruire un futuro condiviso per i due popoli e le minoranze che vivono in Israele. A raccontare questo impegno ai vescovi di Usa, Ue, Canada e Sudafrica, in Israele dopo la tappa a Gaza, per incontrare politici, diplomatici e esponenti della società civile, è Hana Amoury, condirettore di Sadaka-Reut. Sede dell’incontro Tel Aviv, città che comincia a sentire sempre di più le tensioni sociali anche a causa della presenza di migliaia di migranti che qui giungono per cercare lavoro e costruirsi un futuro.
Gravi diseguaglianze. L’analisi è lucida e per certi versi spietata. “Le relazioni tra la maggioranza israeliana e la minoranza palestinese in Israele – ha detto – sono influenzate dalla diseguaglianza civile e dal conflitto israelo-palestinese. Trovare una soluzione sembra una speranza lontana. Nel frattempo la legge incoraggia la delegittimazione dei cittadini palestinesi. Riteniamo lo Stato responsabile per questa politica di discriminazione e di separazione”. La storia che si insegna nelle scuole parla chiaro. “Nessuna menzione dell’occupazione e delle espropriazioni condotte dopo il 1948, anno della nascita di Israele – spiega Amoury – noi ebrei impariamo che siamo vittime, che tutti vorrebbero ucciderci. La prima volta che incontriamo l’altro è quando entriamo nel servizio militare e tutto ciò che riusciamo a pensare è che vogliono ammazzarci”. In Israele non sono molte le associazioni che sfidano questo stato di cose lavorando insieme per ricostruire la storia e far cessare il conflitto e Sadaka-Reut è una di queste. Ma non basta puntare l’indice occorre rimboccarsi le maniche e mettersi a lavoro. “Come palestinesi e israeliani – ha affermato Amoury – sentiamo la responsabilità di correggere questa realtà attraverso il dialogo, la condivisione e la solidarietà, uniche strade sicure per edificare una società più giusta”. Dal 1983, da quando, cioè, l’associazione è nata, sono stati migliaia, 5mila solo negli ultimi 10 anni, i giovani che hanno partecipato ai laboratori e alle attività dell’associazione, centinaia quelli che dopo aver conseguito un diploma su volontariato e leadership sono adesso impegnati all’interno di Ong e movimenti socio-politici e numerosi anche quelli che hanno seguito corsi e campus sui temi del dialogo e dell’attivismo nei gruppi. Ogni anno Sadaka Reut promuove oltre 30 campagne volte a far conoscere la propria attività.
Formare i leader di domani. Tra i progetti più importanti quello denominato “Building a culture of peace” (Costruire una cultura di pace) è frequentato ogni anno da circa 500 ragazzi ebrei e palestinesi di età compresa fra i 14 e i 18 anni. “Buona parte di essi – ha spiegato il condirettore – proviene da comunità svantaggiate o emarginate a livello socio-economiche. Lo scopo è quello di incoraggiare i giovani ad esaminare criticamente la realtà per identificarne le ingiustizie e a prendere parte agli sforzi per giungere ad un cambiamento sociale”. “Community in action” (Comunità in azione) è il progetto che si rivolge a giovani tra i 18 e 25 anni. Attraverso conferenze e cicli di studio sull’origine del conflitto tra israeliani e palestinesi i partecipanti maturano la capacità e l’abilità di essere socialmente attivi nel costruire una cultura di dialogo e di pace. Altra attività dell’associazione è “Gemini” che intende, nelle parole di Amoury, “creare lo spazio per il dibattito politico, sociale e civile sul conflitto in modo particolare in quelle zone di Israele in cui giovani arabi ed ebrei sono a contatto ogni giorno. Zone che possono fungere da detonatore di scontri come anche di stimolo per la conoscenza delle culture reciproche e di accrescimento di spazi pubblici necessari all’attività di partenariato sociale, politico e civile. Come leader di domani – ha concluso il condirettore – è vitale che le nuove generazioni palestinesi ed ebree siano esposte ai differenti punti di vista sul conflitto, siano impegnate nel dialogo e a nutrire sentimenti di solidarietà e di conoscenza reciproci”.

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