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La Chiesa cattolica vuole essere di esempio I tre livelli d’azione

Di M. M. Nicolais

“Non c’è nessuna scusa per nessuna forma di violenza o abuso dei bambini”. A ribadirlo è stato monsignor Silvano Tomasi, capo delegazione della Santa Sede, presentando questa mattina a Ginevra il Rapporto periodico della Santa Sede sull’applicazione della Convenzione sui diritti del fanciullo (Crc). “Tali crimini – ha precisato Tomasi – non possono mai essere giustificati, sia che vengano commessi a casa, nelle scuole, nella comunità e nei programmi sportivi, nelle organizzazioni e strutture religiose”: è questa la politica di “lungo periodo” della Santa Sede, ha ricordato il diplomatico vaticano menzionando gli atti compiuti in tal senso da Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, che ha “chiaramente manifestato le sue intenzioni di seguire l’attenzione speciale dedicata dai suoi predecessori a questo grave problema” e ha recentemente annunciato la creazione di una Commissione per la protezione dei minori, per “proporre nuove iniziative per lo sviluppo sano dei bambini e incrementare gli sforzi per la cura pastorale delle vittime di abuso nel mondo”. La Santa Sede è stata una dei primissimi Stati a ratificare la Crc, il 20 aprile 1990, a nome proprio e dello Stato della Città del Vaticano. Il 2 marzo 1994 ha presentato il suo Rapporto iniziale e il 27 settembre 2011 ha presentato il suo secondo Rapporto, sulla base dei quali il Comitato ha proposto alla Santa Sede – che ha risposto a fine novembre – una serie di domande per ulteriore informazione. Nel 2001 la Santa Sede ha anche ratificato due “protocolli opzionali” connessi con la Crc, cioè quello “sulla vendita dei fanciulli, la prostituzione infantile e la pornografia infantile” (Opsc) e quello “sul coinvolgimento dei fanciulli nei conflitti armati” (Opac). Oggi a Ginevra l’incontro con la delegazione della Santa Sede per discutere il Rapporto e le risposte.

Priorità e linee di azione. “La protezione dei bambini rimane una preoccupazione prioritaria per la società contemporanea e per la Santa Sede”, ha affermato mons. Tomasi, ricordando che quest’ultima ha “accuratamente messo a punto politiche e procedure per aiutare a eliminare tali abusi e collaborare con le rispettive autorità statali nel combattere questo crimine”. Parallelamente, la Santa Sede “è impegnata ad ascoltare attentamente le vittime degli abusi e ad affrontare l’impatto che tali situazioni hanno sugli abusati e le loro famiglie”. Tre i livelli dell’azione di contrasto della Santa Sede a piaghe come la pedofilia: l’azione nel territorio dello Stato della Città del Vaticano, dove è stata varata una “legislazione speciale” a riguardo, i protocolli internazionali ratificati e le “linee guida” per “facilitare il lavoro delle Chiese locali nello sviluppare effettive misure all’interno della loro giurisdizione e in conformità con la legislazione canonica”. Le Chiese locali, “tenuto conto delle leggi in atto nei loro rispettivi Paesi”, hanno a loro volta “sviluppato linee guida e monitorato la loro applicazione con lo scopo di prevenire ogni ulteriore abuso e di affrontarlo tempestivamente”. Tutto ciò, per monsignor Tomasi, rende la Chiesa cattolica “un esempio di buona pratica” nel contrasto agli abusi sessuali commessi dal clero “o da altro personale ecclesiastico”.

Impegno a tutto campo. La “convinta e tempestiva adesione” della Santa Sede alla Convenzione sui diritti del fanciullo (Crc) è “coerente con l’insegnamento e l’atteggiamento costante della Chiesa”. È quanto scrive padre Federico Lombardi, in una nota – diffusa oggi dalla Radio Vaticana – sull’impegno del Papa e della Santa Sede per la protezione dei minori, in particolare presso la Sede Onu di Ginevra. “La Santa Sede – ricorda il portavoce vaticano – è promotrice di una corrente immensa, diffusa in tutto il mondo, di amore e di servizio del bene dei fanciulli”. “La guida trascinante ed entusiasmante di Papa Francesco dà un nuovo ed evidente slancio a questo impegno”, prosegue. Il Comitato per i diritti del fanciullo, puntualizza padre Lombardi, “non è un Tribunale che abbia giurisdizione per giudicare gli Stati parte, ma è uno strumento costituito da loro stessi in base alla Convenzione, per monitorarne e controllarne l’applicazione”. La Chiesa cattolica, come comunità dei fedeli cattolici sparsi nel mondo, non è “in alcun modo” parte della Crc, visto che i suoi membri “vivono sottomessi alle leggi degli Stati dove vivono e operano”, e la legge canonica è “ben distinta dalle leggi civili degli Stati”. Alcune domande del Comitato, al contrario, soprattutto quelle che “si riferiscono alla problematica degli abusi sessuali su minori”, sembrano “presupporre che i vescovi o i superiori religiosi agiscano come rappresentanti o delegati del Papa, cosa che è priva di fondamento”, denuncia padre Lombardi, ricordando che questioni come gli abusi in Irlanda o nelle opere dirette dai Legionari di Cristo “non sono pertinenti al rispetto della Convenzione da parte della Santa Sede”, che “non è tenuta a rispondere a domande d’informazione relative a procedimenti trattati in base alla legge canonica”.