FRANCIA – Di nuovo in piazza, di nuovo migliaia di persone per le strade a sfilare. Un’altra domenica di mobilitazione per la famiglia e la vita, questa volta a Parigi e a Lione. 500mila i manifestanti per gli organizzatori della “Manif pour tous”, 80mila per la polizia. Per fortuna tutto si è svolto nella calma e non ci sono stati casi di violenze e tafferugli. A Parigi, il corteo ha percorso 7 chilometri da L’Ecole Militaire e la place Denfert Rochereau. Secondo i promotori dell’iniziativa, “il presidente della Repubblica e il suo governo non possono ignorare questo movimento sociale”. Al centro delle rivendicazioni, i manifestanti chiedono un “impegno definitivo” da parte del governo e della sua maggioranza parlamentare affinché si rinunci alle successive evoluzioni della legge Toubira e cioè l’accesso alla Pma (procreazione medicalmente assistita) alle coppie di donne e l’accesso all’estero alla tecnica Gpa (gestazioni per altri o maternità surrogata). In una parola, i manifestanti chiedono il “rispetto del diritto del bambino ad avere un padre e una madre”. Ludovine de la Rochère, portavoce della “Manif pour tous” spiega: “questo governo è incapace di esprimersi chiaramente rispetto ad eventuali emendamenti che alcuni membri della maggioranza intendono depositare nel corso dei dibattiti sulla legge per la famiglia. Noi chiediamo quindi risposte chiare a questo proposito”.
Il rischio di dare un carattere confessionale alla protesta. Se sul tema della famiglia e della vita i vescovi si sono espressi all’unanimità con documenti che chiaramente spiegano la loro posizione, sulla modalità di manifestare il proprio pensiero c’è nell’episcopato francese una certa divergenza. Monsignor Hippolyte Simon, arcivescovo de Clermont, spiega così la sua decisione di non partecipare alla manifestazione di domenica. “Anch’io sono scioccato da un governo che si ostina a non ascoltare le opinioni di chi cerca di metterlo in guardia sulle derive liberali e libertarie che conducono a instaurare la legge del più forte a scapito del più debole. Comprendo pertanto che ci siano cittadini che vogliano manifestare contro la legge sul matrimonio” e che questi stessi cittadini abbiano intenzione a continuare il loro movimento di protesta. Ma – chiede mons. Simon – “come vescovi dobbiamo parteciparvi correndo poi il rischio di dare un carattere confessionale” a queste manifestazioni? L’arcivescovo di Clermont tiene a precisare che la divergenza non è sul “fondo” della questione ma sul “metodo” di esprimerla. “Possiamo a giusto titolo denunciare le carenze di alcuni rappresentanti dello Stato” ma la Chiesa è chiamata ad agire e “a trovare la nostra credibilità all’interno della società civile. La vera questione, senza dubbio la più difficile, è suscitare nei giovani una libera adesione a partire dalla formazione della loro personalità”.
La Parabola del Buon Samaritano. Esprime uno stile diverso l’arcivescovo di Lione, cardinale Philippe Barbarinche sulle pagine del quotidiano cattolico La Croix spiega le ragioni della sua partecipazione domenica alla manifestazione. “Se si apre l’accesso alla Pma e alla Gpa – scrive – tutta la filiazione si troverà sconvolta e disorientata. Per la prima volta verrà alla luce una generazione di bambini privati intenzionalmente di uno dei due genitori… Bisognerà sopportare un’altra volta questa ingiustizia rivestita con gli abiti della legge?”. E poi sulla sua partecipazione alla manifestazione, il cardinale propone la parabola del Buon Samaritano: “Per i bambini senza nascita, senza genitori, senza voce, per le persone senza avvenire, per i senza permesso di soggiorno, i senza fissa dimora, per tutti i ‘senza’ che sono i nostri vicini oggi, la parabole del Buon Samaritano mi interpella: io, Philippe, prete, non posso passare oltre”.
Impegno a lungo termine sulla pedagogia dell’amore. Posizione squisitamente equilibrata è quella dell’arcivescovo di Parigi, il cardinale André Vingt-Trois che intervenendo alla “Radio Notre Dame” della sua arcidiocesi mette in guardia da ogni tipo di radicalizzazione: “la manifestazione non deve trasformarsi in una macchina da guerra”. L’arcivescovo riconosce che ci sono senz’altro “questioni sensibili come la Pma e la Gpa” ed “è normale che ci siano persone che vogliano esprimere ciò che pensano”. Ma – aggiunge – “la manifestazione non è fine a se stessa. È un mezzo al servizio di una causa”. E questa causa necessita di due avvertenze: la prima – dice l’arcivescovo – è quella di “essere vigilanti” contro ogni tentativo di “radicalizzazione” messi in atto da alcuni movimenti e partiti che gettano la protesta “verso l’oscurantismo, la violenza e l’estremismo”. L’altro avvertimento è che “l’investimento per il futuro non si gioca sul calendario delle manifestazioni. È sapere come i cristiani vorranno impegnarsi a sviluppare una vera pedagogia della famiglia”, agendo quindi su un “lavoro a lungo termine” a fondamento di una società pacificata verso la quale la Francia anela.