DIOCESI – Vi riproponiamo l’intervista realizzata a Don Pietro Rossi che l’8 marzo compierà novant’anni e per l’occasione gli realizzeremo un altra intervista.
Don Pietro come era composta la tua famiglia d’origine?
Padre madre e tre figli: Maria, Pietro ed Adamantina. Adamantina è morta ad appena un anno dalla nascita.
Io sono nato nel 1924 e la nostra famiglia era originaria di Acquaviva Picena.
Chi è che ha scelto il tuo nome?
L’ha scelto mia mamma perché suo papà si chiamava Pietro e voleva un Pietro in famiglia.
Un ricordo della tua famiglia piacevole?
Forse il ricordo più bello è stato quello della celebrazione della prima Messa che ho presieduto nel mio paese.
Quando sei stato ordinato?
Sono stato ordinato sacerdote sempre ad Acquaviva 64 anni fa, dall’allora Vescovo Pietro Orsola che era originario del Piemonte.
Monsignor Pietro Orsola fu nominato vescovo delle diocesi di Montalto e Ripatransone, unite in persona episcopi Il 1° settembre 1946.
Prese possesso delle due sedi rispettivamente l’8 e il 10 dicembre seguenti.
Il 1° dicembre 1951 fu però costretto a dimettersi per gravi motivi di salute e fu nominato vescovo titolare di Verbe
Penso che io sia l’ultimo sacerdote vivente ordinato da lui.
Cosa sognavi di fare da bambino?
Ho iniziato a fare il chierichetto a 6 anni, fin da piccolo servendo la Messa e stando al contatto con i preti della Parrocchia (a quel tempo ne erano tre ed ognuno aveva dei compiti differenti n.d.r.) fin da piccolo volevo fare il sacerdote.
Don Luigi Capriotti, uno dei tre sacerdoti della parrocchia di Acquaviva aveva il compito di far crescere le vocazioni, infatti in quel tempo eravamo una decina di seminaristi della parrocchia e sei di noi arrivarono al sacerdozio.
I tuoi parenti come hanno accolto la tua vocazione?
Mia Madre da principio non era contenta, perché ero l’unico figlio maschio e voleva che continuassi il cognome Rossi, ma alla fine ha accolto la mia scelta supportandomi anche sotto il profilo economico.
In quel tempo di povertà, mantenere un figlio in seminario era una spesa economica non indifferente.
Come hai vissuto gli anni di sacerdozio?
La prima esperienza l’ho vissuta a Porto d’Ascoli come cappellano, poi sono stato 18 anni a Ripatransone come parroco di campagna e allo stesso tempo esercitavo diversi compiti: gestivo il cinema parrocchiale, assistente del circolo Acli, assistente della pontificia opera assistenza.
Il Vescovo Radiciola un giorno mi disse: “per la tua obbedienza che hai sempre avuto, ti voglio premiare, ti mando a San Martino, lì c’è da fare tutto, c’è da fondare la parrocchia, prenderla da zero e portarla su”.
Quando sono arrivato qui nel 1972 la Chiesa era completamente spoglia, piano piano le persone si sono affezionate, da 1300 anime che erano all’inizio, quando l’ho lasciata eravamo oltre le 3.000.
Ho vissuto molto bene questa esperienza, all’inizio pensavo di non essere accolto perché le persone aspettavano un altro parroco, perché c’era un sacerdote che veniva a dire la Messa la domenica.
Però non mi sono perso d’animo, quando sono andato per la benedizione delle case di li a poco, ho trovato una grande accoglienza.
Un aneddoto vissuto a San Martino?
Un padre di famiglia per questione d’interessi, mi disse: “se vieni a benedire qui in casa ti sparo”.
Io ci sono andato lo stesso a benedirgli la casa, la moglie e le figlie mi hanno accolto benissimo, infatti anche le figlie quando si sono sposate mi hanno invitato a celebrare il loro matrimonio.
Sono rimasto 27 anni qui come parroco, e sono molto soddisfatto perché in questi anni ci sono stati tanti frutti.
Come hai accolto la nascita della Chiesa Madonna della Speranza?
La parrocchia Madonna della Speranza è stata costituita dal Vescovo Chiaretti nel 1988 ed il primo parroco fino al 1999 con il titolo di amministratore parrocchiale sono stato io.
La parrocchia era già istituita giuridicamente.
Quale è l’esperienza che ti ha colpito di più?
È stata quella vissuta quando il Vescovo Chiaretti mi spinse a creare una comunità neocatecumenale che negli anni si è poi trasferito nella parrocchia di San Pio V.
Ho continuato a seguire il cammino fino a quando sono stato parroco di San Martino.
Un’altra esperienza è stata quella del corso di cristianità.
Le persone che hanno fatto parte di quest’ultimo percorso, mi sono state d’aiuto, voglio ricordare in particolare Enrico Marconi, Santini Antonio, Andrea Salsano, che tutti i giorni mi veniva a dare una mano in Chiesa.
Hai qualche Santo a cui tieni particolarmente?
San Pietro perché è il mio Santo protettore anche perché è l’apostolo capo della Chiesa.
Se potessi tornare indietro ripercorreresti il cammino sacerdotale?
Si, lo rifarei con maggiore vigore perché quando ero a Ripatransone col avendo una parrocchia piccola, dedicandomi ad altre attività, c’è stato un periodo di rilassamento.
Quale è il tuo libro preferito?
Il mio libro preferito è il breviario.
Posso dire che forse mi è capitato qualche volta di tralasciare la compieta, non volontariamente, ma per distrazione o per stanchezza. Il breviario l’ho detto sempre.
Invece come lettura mi è interessato molto il libro del Papa Benedetto XVI: “Gesù di Nazaret”.
Se potessi esprimere un desiderio cosa chiederesti?
Auguro a Don Anselmo che fa tantissimo e che è un gran parroco di poter trovare un vice parroco così da poter avere la possibilità, una volta che io non riuscirò più a farlo, di continuare ad avere cura di San Martino, celebrandovi la Santa Messa tutti i giorni, come faccio io oggi.
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