“Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo che è dato per voi. Fate questo in memoria di me”. Queste sono le parole che hanno accompagnato l’istituzione dell’Eucaristia secondo il racconto dell’evangelista Luca.
Vorremmo soffermarci sull’ultima espressione di Gesù: “Fate questo in memoria di me” e in particolare sul termine “memoria”. In ogni Santa Messa ripetiamo ciò che Gesù fece durante l’Ultima Cena, facciamo memoria di quella notte del Giovedì Santo, della sua morte e della sua resurrezione, una memoria che non è mera rievocazione storica.
Infatti, attraverso la riproposizione di quei gesti e la riproduzione di quelle parole, Gesù si rende presente nel sacramento dell’altare in modo tale che, mangiando il suo Corpo e bevendo il suo Sangue, entriamo in rapporto e in comunione con Lui.
Il Corpo e il Sangue di Cristo poi ci conservano per la vita futura. La memoria ha dunque un carattere dinamico. Per dirla con le parole che Gustav Maheler ha usato per la tradizione, la memoria non è il culto delle ceneri, ma la custodia del fuoco.
La Chiesa vive di memoria, è custode di una tradizione, è per sua natura conservatrice, nel senso più nobile che possiamo attribuire a queste parole. Questo suo rapporto vivo e vivificante col passato, con l’evento che l’ha costituita, ha fatto sì che la conservazione della memoria non fosse confinata al solo ambito liturgico, ma si riverberasse anche su altri aspetti della sua vita: ecco allora la nascita degli archivi ecclesiastici, dei musei di arte sacra e delle biblioteche con i loro preziosi e antichi codici.
Ma quello che la Chiesa vive ha una corrispondenza nella vita degli uomini di oggi?
Sembrerebbe proprio di no. Infatti uno dei più grandi drammi dell’uomo contemporaneo è quello di essere senza radici. L’uomo oggi fa fatica a ricostruire il suo albero genealogico. Ad esempio, con non poche difficoltà un ragazzo saprebbe dirci il nome dei propri bisnonni! Nel campo del linguaggio parole come “tradizione” e “conservazione” sono percepite come lontane, se non addirittura come vere e proprie parolacce! Viene etichettato come “conservatore” una persona non al passo con i tempi.
Qual è allora il compito della Chiesa davanti a questo limite della (post)modernità?
La Chiesa è chiamata a svolgere un’azione pedagogica e di supporto nei confronti dell’uomo, in maniera tale da aiutarlo a riscoprire il suo legame col passato. Chi meglio della Chiesa, così legata col passato, può sostenere l’uomo nella ricerca del suo passato?
È per questo motivo che dedicheremo alcuni nostri articoli alla storia della nostra diocesi, alla vita dei santi che vi sono vissuti, ai luoghi sacri che in essa si trovano, perché i nostri lettori possano riscoprire il legame con la loro storia locale.
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