Unprecedent, devastating: i media internazionali, in un inglese facile facile, non hanno usato mezzi termini sui risultati della 65° sessione del Comitato per i diritti dell’infanzia conclusasi il 31 gennaio. Il comitato, composto da diciotto personalità (una è italiana), opera nel quadro della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, a Ginevra, presso l’Ufficio dell’alto commissariato dell’Onu per i diritti umani. Bisogna situarla nella complessa burocrazia delle Nazioni Unite per valutare la pronuncia del Comitato sulla Santa Sede, il cui rapporto sull’attuazione della Convenzione, di cui è stata tra i primi firmatari, è stato esaminato insieme a quello di diversi altri stati, tra cui la Germania, la Russia, lo Yemen e il Congo. Per tutti ci sono stati rilievi, anche importanti. Ma per la Santa Sede ci sono state anche considerazioni di diverso genere, legate agli indirizzi generali della dottrina. Che – non a caso proprio nel vivo di questo nuovo pontificato – hanno rapidamente fatto il giro del mondo, rilanciando vecchie polemiche.
In realtà, il rapporto può apparire “unprecedent” e di conseguenza “devastating” proprio perché esce dal seminato. Intanto perché equipara Chiesa cattolica, Santa Sede e Stato Città del Vaticano, come ha illustrato con chiarezza il giurista Giuseppe Dalla Torre al Sir. Il rapporto riconosce i significativi sviluppi della legislazione ecclesiastica e del magistero pontificio per reprimere e prevenire gli abusi sui minori, in una linea che coerentemente si muove da Giovanni Paolo II a Papa Francesco, passando per il deciso impulso durante il pontificato di Benedetto XVI. Ma confonde la Chiesa, con la sua peculiare articolazione, con uno Stato, dotato di poteri accentrati.
Di fronte ai rilievi del Comitato, la reazione della Santa Sede è stata misurata. Da un lato è ovviamente riaffermato l’impegno a estirpare fenomeni degenerativi e negativi, ma dall’altro “alla Santa Sede rincresce di vedere in alcuni punti delle Osservazioni Conclusive un tentativo di interferire nell’insegnamento della Chiesa Cattolica sulla dignità della persona umana e nell’esercizio della libertà religiosa”. Perché va controcorrente.
Nessuno scontro tra Onu e Vaticano, insomma, come qualcuno ha strillato a caldo. Ma semplicemente, come ha ribadito il portavoce padre Lombardi, bisogna essere consapevoli delle forze in gioco (che sono facilmente identificabili, anche se spesso coperte) e dunque restare vigilanti, di fronte ad evidenti strumentalizzazioni: “Le raccomandazioni formulate dal Comitato sono spesso piuttosto scarne e di peso relativo. Non per caso non se ne è quasi mai sentita eco a livello di stampa internazionale, anche nel caso di Paesi dove i problemi dei diritti umani e dell’infanzia sono notoriamente gravi”.
È bene allora ricondurre tutto nei limiti, ma non dimenticare la lezione dei fatti. La Chiesa continua serenamente nella sua missione, in particolare proprio nel campo della tutela dei fanciulli e dei diritti delle persone e “lo farà con coraggio e decisione, senza timidezza”.