Da Zenit di Salvatore Cernuzio
Probabilmente Benedetto XVI avrà esclamato: “Dopo un anno, ancora?”, leggendo le domande inviategli da un vaticanista de La Stampa sulle polemiche dei giorni scorsi relative a presunti complotti che avrebbero causato le sue dimissioni. La risposta del Papa emerito è stata infatti pronta e lapidaria: “Non c’è il minimo dubbio circa la validità della mia rinuncia al ministero petrino. Speculazioni circa la invalidità della rinuncia sono semplicemente assurde”.
A circa 380 giorni di distanza, parlare, pensare e ipotizzare sulla storica rinuncia di Ratzinger al Soglio di Pietro – pronunciata davanti ad un basito Collegio cardinalizio l’11 febbraio 2013 – è ancora l’hobby preferito di giornalisti e vaticanisti. E resta alla mercé di vecchie polemiche e nuove elucubrazioni.Come quelle circolate, appunto, nei giorni scorsi su alcuni giornali italiani e sul web che hanno voluto “celebrare” il primo anniversario della rinuncia con la “notizia” di un complotto alle spalle del Pontefice, così pressante da non dargli altra scelta che abdicare.
Una notizia priva di fondamento, che tuttavia ha trovato terreno fertile dopo le paroledi Bergoglio nella Messa con i neo porporati di domenica scorsa, sul non considerare la Chiesa una “corte” in cui dominano “intrighi” e “chiacchiere”, e soprattutto con l’apparizione improvvisa del Papa emerito al Concistoro dello scorso sabato nella Basilica Vaticana. Qualcuno si è posto il dubbio: “Allora non è vero che il Papa vuole stare realmente ‘nascosto al mondo’!”. In proposito, sembrerebbe, invece, che mons. Georg Gänswein ha confermato che lo stesso Papa Francesco abbia telefonato al suo predecessore per chiedergli di presenziare alla solenne cerimonia per la creazione dei nuovi cardinali.
In questa bagarre, qualcuno si è spinto ancora più oltre definendo “invalide” le dimissioni del Pontefice. E molti hanno risollevato il polverone ormai acquetato da mesi su una supposta “diarchia” in Vaticano, in cui Benedetto eserciterebbe un ruolo attivo e istituzionale accanto al Papa regnante.
Per chiarire ogni ambiguità, Andrea Tornielli de La Stampa ha pensato bene, allora, di chiedere informazioni al diretto interessato, e, presa carta e penna, il 16 febbraio scorso ha inviato alcune domande al Mater Ecclesiae, il monastero vaticano dove Ratzinger si è ritirato in clausura dallo scorso maggio per condurre una vita di preghiera.
La risposta non si è fatta attendere più di tanto: due giorni dopo il Papa emerito ha inviato una propria lettera firmata “Benedetto XVI” con la famosa calligrafia minuta e quasi incomprensibile, in cui con poche, sintetiche e precisissime righe ha smontato ogni retroscena legato al suo storico gesto.
Nella stessa missiva, ha esortato poi a non lasciarsi andare a libere interpretazioni su alcune scelte da lui compiute, solo per riempire le pagine di un giornale. Su tutte, la scelta di aver mantenuto l’abito bianco e il nome papale anche dopo le dimissioni. Ad una domanda a riguardo, Ratzinger ha infatti precisato: “Il mantenimento dell’abito bianco e del nome Benedetto è una cosa semplicemente pratica. Nel momento della rinuncia non c’erano a disposizione altri vestiti. Del resto – ha aggiunto – porto l’abito bianco in modo chiaramente distinto da quello del Papa”.
Il Pontefice emerito indossa infatti una versione ‘semplificata’ dell’abito papale, senza la fascia e la cosiddetta ‘pellegrina’, la mantelletta. Quindi, senza altri giri di parole, anche in questo caso – ha scritto – “si tratta di speculazioni senza il minimo fondamento”.