Stride che la decisione della Lega sia arrivata lo stesso giorno in cui l’Alta Corte del Coni ha respinto il ricorso della Roma contro le sanzioni per i cori di discriminazione territoriale. L’episodio si riferisce alla semifinale d’andata di Coppa Italia contro il Napoli. La società giallorossa era stata sanzionata con la chiusura delle due curve (e una multa di 50mila euro) più la chiusura dei distinti Sud (con 80mila euro di multa) per la reiterazione di cori dello stesso tenore durante il match contro la Sampdoria. Una norma discutibile e discussa (difatti il Coni ha chiesto un intervento della Giunta per rivedere la regola) che, se da una parte punisce un’intera tifoseria per il danno procurato da una piccolissima parte di essa, dall’altra prosegue nell’opera moralizzatrice (ed educante) avviata dalla Lega. Quasi che gli sfottò, perché di questo si tratta, siano da considerarsi al pari di una minaccia e debbano essere cancellati dagli stadi che di folclore e colore si vanno ormai sempre più svuotando.
Dunque, per un sillogismo che ha poco di aristotelico e molto di calcistico, si potrebbe arguire che una presa in giro (anche colorita) tra tifoserie valga meno dell’ingiuria alla morte di calciatori. E se qualche onorevole chiede, con troppa baldanza e poco buonsenso, che sia il nuovo premier Renzi a interessarsi della correttezza del campionato, viene però il dubbio che le scelte di Lega e Coni non contribuiscano a stemperare i toni di un campionato che si fa incandescente nella corsa allo Scudetto tra sgambetti in area non visti e fuorigioco non fischiati. A noi, che ai tempi di Superga non eravamo nati, ci piace però ricordare quell’undici stellare con le parole di chi quella squadra l’ha potuta ammirare. Scriveva Indro Montanelli all’indomani della sciagura aerea: “Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto ‘in trasferta’”.