Il discorso del Papa dal minuto 24.00
ROMA – Prima di iniziare il suo discorso al clero romano, il Papa ha chiesto di pregare per un parroco defunto, e del quale si celebra il funerale oggi, e ha fatto riferimento indiretto alla vicenda di P. P., l’ex prete che aveva denunciato l’esistenza di un’organizzazione criminale dedita a reclutare ragazzi, anche minorenni, per farli prostituire con esponenti del clero romano.
“Preghiamo per questo parroco che ci ha lasciato”, ha esordito il Papa. Poi, riferendosi indirettamente alla vicenda dell’ex prete che ha accusato il clero romano di pedofilia, ha detto: “Sono stato molto colpito e ho condiviso il dolore di alcuni di voi: ho parlato con alcuni di voi che sono stati accusati, e ho visto il dolore per queste ferite ingiuste”. “È una pazzia!”, ha esclamato il Papa: “Voglio dire pubblicamente che io sono vicino al presbiterio”. “Voglio chiedere scusa a voi, non tanto come vescovo vostro, ma come incaricato di un servizio diplomatico, come Papa”, ha poi aggiunto Francesco riferendosi agli incarichi dell’ex prete in nunziatura: “Stiamo studiando il problema, perché questa persona sia allontanata. È un atto grave di ingiustizia, vi chiedo scusa per questo”.
“All’inizio della Quaresima riflettere insieme, come preti, sulla misericordia ci fa bene”. Con queste parole il Papa ha spiegato al clero romano la scelta del tema del suo discorso per il tradizionale appuntamento di inizio Quaresima, svoltosi oggi in Aula Paolo VI. “Noi non siamo qui per fare un bell’esercizio spirituale all’inizio della Quaresima, ma per ascoltare la voce dello Spirito che parla a tutta la Chiesa in questo nostro tempo, che è proprio il tempo della misericordia”, ha spiegato il Papa, che ha associato il termine misericordia a quello di “compassione”: la stessa che prova Gesù quando “cammina per le città e villaggi” e vede le persone “stanche e sfinite, come pecore senza pastore”. “Un po’ come tante persone che voi incontrate oggi per le strade dei vostri quartieri”, ha commentato il Papa: “Poi l’orizzonte si allarga, e vediamo che queste città e questi villaggi sono non solo Roma e l’Italia, ma sono il mondo, e quelle folle sfinite sono popolazioni di tanti Paesi che stanno soffrendo situazioni ancora più difficili”.
“Oggi dimentichiamo tutto troppo in fretta, anche il magistero della Chiesa”. Lo ha esclamato il Papa, che nel discorso al clero romano ha definito tale atteggiamento “in parte inevitabile, ma i grandi contenuti, le grandi intuizioni e le consegne lasciate al popolo di Dio non possiamo dimenticarle.
E quella della divina misericordia è una di queste”. “Sta a noi, come ministri della Chiesa – ha detto il Papa – tenere vivo questo messaggio soprattutto nella predicazione e nei gesti, nei segni, nelle scelte pastorali, ad esempio la scelta di restituire priorità al sacramento della Riconciliazione, e al tempo stesso alle opere di misericordia”. Secondo il Papa, in particolare, “va rimeditato” l’insegnamento di Giovanni Paolo II, la sua “intuizione” per cui questo nella Chiesa “è il tempo della misericordia”: per questo il Papa polacco ha beatificato e canonizzato suor Faustina Kowalska, e ha introdotto la festa della Divina Misericordia.
Citando l’omelia per la canonizzazione di suor Faustina, Papa Francesco ha sottolineato le parole di Giovanni Paolo II rivolte al futuro: “Che cosa ci porteranno gli anni che sono davanti a noi? Come sarà l’avvenire dell’uomo sulla terra? A noi non è dato di saperlo. È certo tuttavia che accanto a nuovi progressi non mancheranno, purtroppo, esperienze dolorose. Ma la luce della divina misericordia illuminerà il cammino degli uomini del terzo millennio”.
I preti “asettici”, “da laboratorio”, “non aiutano la Chiesa”. A spiegarlo ai parroci romani è stato il Papa, secondo il quale “il prete è chiamato ad avere un cuore che si commuove”.
“I preti – ha detto il Papa spiegando cosa sia per un sacerdote la misericordia – si commuovono davanti alle pecore, come Gesù, quando vedeva la gente stanca e sfinita come pecore senza pastore”.
Gesù, per il Papa, “ha le viscere di Dio: è pieno di tenerezza verso la gente, specialmente verso le persone escluse, verso i peccatori, verso i malati di cui nessuno si prende cura”. A sua volta, il prete, “immagine del Buon Pastore”, è “uomo di misericordia e di compassione, vicino alla sua gente e servitore di tutti”: “Chiunque si trovi ferito nella propria vita, in qualsiasi modo, può trovare in lui attenzione e ascolto”.
In particolare, per il Pontefice, il prete “dimostra viscere di misericordia nell’amministrare il sacramento della Riconciliazione: lo dimostra in tutto il suo atteggiamento, nel modo di accogliere, di ascoltare, di consigliare, di assolvere… Ma questo deriva da come lui stesso vive il sacramento in prima persona, da come si lascia abbracciare da Dio Padre nella Confessione, e rimane dentro questo abbraccio”, perché “se uno vive questo su di sé, nel proprio cuore, può anche donarlo agli altri nel ministero”. Ai sacerdoti, il Papa ha additato “il criterio pastorale della vicinanza, della prossimità” e ha ribadito che “la Chiesa oggi possiamo pensarla come un ospedale da campo, c’è bisogno di curare le ferite”. “C’è tanta gente ferita, dai problemi materiali, dagli scandali, anche nella Chiesa”, ha detto: “Gente ferita dalle illusioni del mondo… Noi preti dobbiamo essere lì, vicino a questa gente. Misericordia significa prima di tutto curare le ferite. Quando uno è ferito, ha bisogno subito di questo, non delle analisi; poi si faranno le cure specialistiche, ma prima si devono curare le ferite aperte, anche le ferite nascoste”. “Voi conoscete le ferite dei vostri parrocchiani? Siete vicini a loro?”, ha chiesto il Papa ai parroci: “Vi lasciate abbracciare?”.
“Né manica larga né rigidità”. È anche questa la misericordia per un prete, ha spiegato il Papa ai parroci romani. Riferendosi alla confessione, Francesco ha osservato che “capita spesso, a noi preti, di sentire l’esperienza di nostri fedeli che ci raccontano di aver incontrato nella Confessione un sacerdote molto stretto, oppure molto largo, lassista o rigorista. Questo non va bene”. “Che tra i confessori ci siano differenze di stile è normale – ha spiegato il Papa – ma queste differenze non possono riguardare la sostanza, cioè la sana dottrina morale e la misericordia”. “Né il lassista né il rigorista rende testimonianza a Gesù Cristo, perché né l’uno né l’altro si fa carico della persona che incontra”, ha ammonito il Pontefice: “Il rigorista la inchioda alla legge intesa in modo freddo e rigido; il lassista invece solo apparentemente è misericordioso, ma in realtà non prende sul serio il problema di quella coscienza, minimizzando il peccato”. Al contrario, ”la vera misericordia si fa carico della persona, la ascolta attentamente, si accosta con rispetto e con verità alla sua situazione, e la accompagna nel cammino della riconciliazione”. “Né il lassismo né il rigorismo fanno crescere la santità, ha ribadito il Papa, sottolineando che “il sacerdote veramente misericordioso si comporta come il Buon Samaritano, perché il suo cuore è capace di compassione, è il cuore di Cristo”.