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La vita della Chiesa sia di tutti e di tutte

Di Cristina Dobner

La domanda posta a Papa Francesco nel corso della recente intervista di Ferruccio de Bortoli – “Come verrà promosso il ruolo della donna nella Chiesa?” – tocca un punto nevralgico nella vita della società e della Chiesa odierna.
L’ottica è decisamente evangelica, si fonda cioè sul Vangelo stesso che ha generato la Chiesa e non su di un’ideologia o di un progetto umano, spazza via quindi ogni dubbio in merito: “La promozione di tipo funzionale”, ci è estranea, è tipica di una ditta, di un commercio, di un assembramento umano che voglia darsi uno scopo rimunerativo. Ed entrano, allora, in gioco la sociologia di gruppo, l’expertise che definisce ambiti e professionalità.
Da noi, nella Chiesa, non esistono donne alfa, non siamo un branco che debba allinearsi e sottomettersi, siamo un gregge, di uomini e di donne, guidato dal Pastore che ha detto di Sé: Io sono l’Alfa e l’Omega. Egli conduce tutte e di tutte ha somma cura e trasmette il dono di annunciare la Buona Novella, in piena sinergia e armonia. Solo allora il “può” e il “deve”, presenti nella risposta di Francesco, che qualificano la presenza della donna nella vita della Chiesa vengono inquadrati correttamente: “È vero che la donna può e deve essere più presente nei luoghi di decisione della Chiesa”. Vita non intesa solo come acquiescenza, cioè il volto del servizio ridotto al suo aspetto negativo, ma vita come grembo in cui esistono dei precisi “luoghi di decisione”, quindi di dibattito, di opzione, di fulcro d’intersecarsi di pareri. Farne l’elenco sarebbe possibile, ricadremmo però, una volta di più, nell’organico di un’azienda, di una promozione e la donna si ritroverebbe una promoter di progetti, di esecuzioni, in cui non ha svolto un ruolo pregnante di discernimento.
La strada imboccata da Francesco è quella sicura: chiarire teologicamente, cioè da un punto di vista di fede riflessa, documentata e vagliata, il come nei diversi luoghi. Se la Chiesa è appunto “la” Chiesa, “femminile dalle origini”, indagare sull’allontanamento da questa ottica può risultare fecondo, se si evita “la casistica”. Sarebbe però solo una sorta d’inventario, mentre il segreto consta in un’altra postura: ponderare da teologhe, insieme ai teologi, quale sia veramente lo spazio specifico della donna, la sua caratteristica più profonda e ineludibile per essere tale, il suo talento.
H.U.von Balthasar, citato da Francesco, ha precorso i tempi e affonda la sua proposta proprio nel Vangelo stesso, quale evento storico preciso, in questo senso parla di costellazione: “Il Risorto, presente nella sua Chiesa fino alla fine dei tempi, non può essere isolato dalla ‘costellazione’ della sua vita storica”. Si tratta di un dato umano, pari alla stirpe in cui nasciamo, alla famiglia che ci dona la vita e ci educa.
Si è lasciato in ombra, nel corso dei secoli, un dato essenziale: tutti, integralmente tutti gli esseri umani, uomo o donna che siano, hanno ricevuto il dono di una missione fondante che viene a costituire la Chiesa. La donna accanto all’uomo, perché Maria è accanto a Pietro. Entrambi soffiati dallo Spirito Santo perché vivano e operino quali membri vivi nel corpo della Chiesa.
Se guardiamo a Maria, il suo “sì” racchiude tutto in un unico gesto di amore verso Dio e verso l’umanità intera. Qualora venga a mancare questo apporto il mistero della vita Trinitaria, lo stesso mistero di Cristo ne viene depauperato. Come nella Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo si amano, senza concorrenze, senza prevaricazioni o sottomissioni, così nella Chiesa uomo e donna non ripropongono questo modello ma ne sono investiti e resi vivi testimoni. L’umanità viene abbracciata e fecondata da un amore che partendo dalla Trinità passa nel circolo vitale creato da uomo e donna.
Cristo, nostra salvezza, lo dobbiamo al “Sì” di una donna che a Lui sa guidarci nei meandri della storia e della nostra storia. Insieme uomo e donna, donandoci l’un l’altro con le nostre rispettive capacità, con i talenti ricevuti che dobbiamo rendere con gratitudine. Noi donne non vogliamo che ci siano resi liberi degli spazi da gestire, dei luoghi in cui faraonicamente dominare, vogliamo che la vita della Chiesa sia di tutti e di tutte nel pieno rispetto del nostro sentire.
Nella misura in cui guarderemo a Lei, la nostra teologia ci parlerà e ci guiderà ad assumere le nostre responsabilità, non dateci per benevole concessione ma perché la cooperazione, la sinergia fra uomo e donna alla sequela di Cristo e a servizio della Chiesa è sempre esistita ed oggi richiede che la dignità dell’uomo e della donna siano rispettate in un’articolazione amorosa e pienamente trasparente.

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