Terremoto, onda anomala, allagamento dei reattori nucleari di Fukushima, conseguente dispersione di materiale radioattivo, e nel frattempo 18mila morti travolti dalle acque nella zona colpita dal maremoto: insomma, una catastrofe dalle dimensioni bibliche le cui immagini di morte e distruzione sono fisse nel ricordo di tutti. Oggi, a tre anni da quell’evento catastrofico, ecco che l’imperatore del Giappone e la sua consorte si recano al sacrario che ricorda le vittime, si inchinano con l’austero rituale orientale e rendono omaggio ai morti di ieri, pensando forse a quelli di oggi e di domani, perché i timori sulla contaminazione soprattutto dei bambini delle zone entro i 30-40 chilometri dalla centrale rimangono molto elevati. Sembra che i casi di tumori alla tiroide siano raddoppiati nei bambini dell’area limitrofa. Insomma, un incubo che potrebbe segnare il destino di questa zona del Giappone per decenni. Nel frattempo 160mila persone hanno dovuto, forse definitivamente, lasciare le loro case e coloro che sono rimasti, pur a distanze ragguardevoli, rischiano comunque una qualche forma di contaminazione nucleare accidentale.
Cosa insegna Fukushima a noi occidentali, a noi italiani oggi? Tante cose, la prima riguarda l’oggettiva pericolosità degli impianti nucleari che, seppure progettati e gestiti con lo scrupolo nipponico, hanno dimostrato di non saper reggere all’imprevedibile. Infatti non si è trattato di un “incidente nucleare”, bensì di esplosioni chimiche negli apparati di raffreddamento a idrogeno, che hanno innescato dispersioni atomiche. La seconda, che eventi di questa portata sono e rimangono oggettivamente imprevedibili, al punto che sono avvenuti in una centrale tra le più avanzate al mondo che ha avuto il solo torto di trovarsi in riva al mare e sulla linea di arrivo di uno tsunami provocato da un terremoto sottomarino alcune centinaia di chilometri più lontano, in mezzo all’oceano. Il guaio si è verificato perché le onde anomale sono state più alte dei muri di protezione della centrale. La terza cosa è che, nonostante tutto ciò, i giapponesi e con loro molti altri paesi non intendono affatto rinunciare all’energia nucleare e anzi in alcuni casi stanno incrementando la costruzione di centrali, pur accanto alla ricerca di fonti alternative di energia (lo shale gas, ad esempio).
Quindi, questo dramma che rimarrà nella storia dice di una legge eterna della vita umana sulla terra: quantunque ci diamo da fare per realizzare situazioni “sicure”, il mondo resta un bellissimo luogo dove vivere al cui interno però ci sono leggi che non riusciamo a controllare ed eventi che non possiamo prevedere. L’eroismo dei tecnici che si sono immolati per limitare i danni radioattivi dei vari reattori coinvolti è un altro insegnamento: l’uomo combatte una battaglia dura contro gli eventi avversi, soffre, muore, perché l’umanità possa continuare e prosperare. Onore ai morti di Fukushima.
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