Di Stefania Costalli
La crisi in Ucraina continua a svilupparsi secondo un percorso che mischia forme contemporanee e logiche ottocentesche di pura politica di potenza. Il Parlamento della Crimea ha votato a larghissima maggioranza il distacco dall’Ucraina, anticipando il referendum che si terrà il 16 marzo, in cui i cittadini della regione affacciata sul Mar Nero dovranno decidere se unirsi alla Russia. Considerando che la maggioranza degli abitanti in Crimea è etnicamente russa e che Mosca controlla già l’area con le proprie truppe sul terreno, l’esito della consultazione elettorale appare abbastanza scontato. Il governo russo si è affrettato a dichiarare pienamente legittimo il voto del Parlamento regionale della Crimea, richiamando gli esiti del processo che portarono all’indipendenza del Kosovo dalla Jugoslavia di Milosevic una decina di anni fa. Peccato che proprio la Russia non abbia mai riconosciuto l’indipendenza del Kosovo per timore che qualcuna delle tante minoranze etniche presenti sul proprio territorio potesse decidere di scegliere una strada simile. È il gioco della pura politica di potenza, a cui l’Europa non è più abituata, neppure quando ogni tanto alcuni dei suoi Stati membri vi si lanciano improvvidamente, pensando di poter risolvere con mezzi puramente militari e “intelligenti” delle crisi che necessitano prima di tutto di una strategia a lungo termine. Anche gli Stati Uniti sono stati colti di sorpresa dalla mossa di Putin, che invece ha una chiara visione strategica e si muove con accortezza e cinica disinvoltura a tutela degli interessi strategici di Mosca.
Per capirsi: l’Ucraina è un partner economico fondamentale per la Russia e serve a limitare l’avanzata geopolitica della Nato verso Est? Accusiamo il nuovo governo insediatosi a Kiev di essere guidato da forze neonaziste, anche se Yulia Timoshenko e Vitali Klitschko portano le proprie testimonianze al vertice del Partito popolare europeo. La Crimea è una regione essenziale per mantenere il controllo del Mar Nero e garantire l’accesso al Mediterraneo per la flotta russa? La Crimea deve essere sotto il controllo di Mosca. Accusiamo gli ucraini di minacciare la popolazione di etnia russa, anche se non risulta nessuna violenza inter-etnica. Non è possibile invadere immediatamente la Crimea? Togliamo le mostrine ai nostri soldati, copriamo loro il volto e dichiariamo che non sono parte della catena di comando ufficiale delle forze armate.
Dato che tutta questa crisi si è svolta sul piano dell’effettività, è prevedibile che nessuno sarà in grado di evitare il distacco della Crimea dall’Ucraina e il passaggio della regione alla Russia, perché nessun governo occidentale ha la minima intenzione di scatenare una vera guerra contro Mosca. D’altra parte, è difficile che le sanzioni economiche europee possano scalfire la determinazione di Putin, che peraltro può sempre minacciare di far rimanere l’Europa a secco di gas.
La sfida vera riguarda, dunque, cosa accadrà dopo. La Russia si accontenterà della Crimea? Riuscirà a tenere sotto controllo la popolazione russa presente in altre regioni orientali dell’Ucraina? In quelle regioni i russi sono una minoranza consistente, ma non la maggioranza. Difficilmente il distacco potrebbe avvenire senza un conflitto di natura etnica. Se la vicenda si concludesse con il distacco della Crimea, potremmo tirare un sospiro di sollievo, con buona pace del diritto internazionale. Per il futuro, però, l’Europa dovrà sviluppare una strategia per rapportarsi a un vicino potente, non amichevole, che gioca sul piano della politica di potenza. Pensare di poter fronteggiare la Russia ricorrendo agli stessi strumenti e alle stesse logiche sarebbe assurdo, ma le alternative al momento non si vedono neppure all’orizzonte. Si potrebbe iniziare dalla riduzione della dipendenza energetica.