Sono il futuro dell’Europa e la sua speranza ma purtroppo sono anche i più vulnerabili e proprio per questo vittime innocenti della cattiveria degli adulti. Dei bambini delle periferie europee si è parlato ieri sera a Trieste, città confine tra l’Europa dell’Est e dell’Ovest, scelta per presentare il libro edito finalmente in lingua italiana “I bambini dell’Europa parlano a Papa Francesco”. Il volume – nato da un’idea del Ccee – contiene una meravigliosa e colorata serie di disegni e letterine che bambini scelti da ogni Conferenza episcopale europea hanno indirizzato a Papa Francesco. Il libro fu consegnato lo scorso settembre da un giovane ragazzo moldavo di 11 anni, Vasile, e quando il Papa lo ha visto ha esclamato: questi bambini “aprono le porte della Speranza”.
Vasile e la sue sorellina Maria. La storia di Vasile mostra però quanto l’infanzia anche in Europa è spesso minata, talvolta colpita a morte. La mamma di Vasile fu drammaticamente uccisa quando il padre era già scomparso schiacciato dall’alcolismo. Accolto nella casa-famiglia Regina Pacis di Chisinau, per Vasile e la sua sorellina Maria è l’inizio di una vita nuova, forse semplicemente normale, fatta di casa, scuola e gioco. La loro storia dà voce alle migliaia di bambini che nelle periferie lontane e vicine del nostro continente soffrono a causa di abbandono, povertà e violenze di ogni tipo.
L’infanzia ferita. Al loro fianco si è schierata la Chiesa di Moldova. “Il 25% della popolazione moldava è immigrata e il 68% di questi emigrati sono donne”, spiega monsignor Cesare Lodeserto, sacerdote fidei donum italiano che da diversi anni vive in Repubblica di Moldova (clicca qui). Vengono chiamati “orfani sociali” e sono ragazzi lasciati dai genitori in mano a nonni, parenti o semplicemente abbandonati. Le cifre sono poco affidabili: si conta però che siano circa 12mila i minori che vivono in istituti. La Moldova ha anche il primato di essere il Paese al mondo con il maggior numero di suicidi di minori. E ai bambini di strada si è aggiunta la terribile piaga della pedofilia, dei minori abusati. Un fenomeno drammaticamente in crescita. “Non sono pochi – fa sapere don Lodeserto – gli europei in carcere per turismo sessuale finalizzato ai minori. Un fenomeno che parte da un presupposto di vulnerabilità. Il minore moldavo è un soggetto vulnerabile, non perché è povero ma perché è un soggetto fortemente impoverito dal punto di vista affettivo e quindi facilmente adescabile da chiunque”. “Non può crescere un bambino – conclude il sacerdote – senza che possa mai pronunciare il nome di papà e mamma, perché significa rubargli il futuro”.
La Chiesa, una presenza silenziosa. “Essere accanto alle povertà – dice monsignor Anton Cosa, vescovo di Chisinau – è stato sempre un nostro obiettivo, che scaturisce unicamente dal Vangelo della carità. Ecco allora il nostro impegno: dai piccoli agli anziani, dalle donne vittime di violenza ai giovani in difficoltà, dai detenuti agli ammalati. Si tratta di una presenza silenziosa della Chiesa cattolica, convinta di dover essere al servizio e non essere servita, convinta di dover dare e non ricevere, amare e non essere amata”. La piccolissima Chiesa cattolica di Moldova riesce a sostenere progetti e iniziative anche grazie all’aiuto di diocesi come quella di Trieste, di movimenti e associazioni come il Movimento cristiano lavoratori. Da tre anni, nei mesi estivi, parte dalla città triestina un gruppo di giovani guidati da don Mario De Stefano. Tra le opere finora realizzate spicca un campo sportivo polifunzionale a Varvareuca. Del gruppo fa parte anche Luca Tedeschi, 30 anni. Racconta: “C’erano molte paura e una domanda. Chi erano i poveri? Andando lì, abbiamo scoperto che poveri lo eravamo anche noi. Le nostre ricchezze messe in comune con le loro hanno formato una sorta di condivisione da cui ne siamo usciti tutti diversi e arricchiti. Abbiamo messo tutti quel poco che avevamo ed eravamo e siamo cresciuti insieme”.
Il sorriso sulle labbra e la luce negli occhi. “Il compito della Chiesa – ha detto don Michel Remery, vice-segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali europee – è anche quello di abbracciare ed andare incontro ai bambini che vivono alle periferie delle nostre società”. E l’arcivescovo di Trieste, monsignor Gianpaolo Crepaldi, ha espresso tre “sogni”: “Un’Europa cristiana, non sradicata dalla sue radici, un’Europa solidale, un’Europa nella pace: se tutti insieme cominceremo a lavorare già da oggi in questa direzione i bambini potranno guardare all’Europa con il sorriso sulle labbra e con la luce negli occhi”.
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