Articolo di Simone Incicco e di Patrizia Bollettini
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si è tenuta presso la sala convegni dell’ospedale Madonna del Soccorso l’incontro organizzato dall’AMCI (Associazione Medici Cattolici Italiani) e in particolar modo dal presidente Dottor Alfredo Fioroni. Presenti tra le autorità il nostro Vescovo Carlo Bresciani e Dottor Massimo del Moro Direttore Generale dell’Area Vasta 5 Marche.
Il Vescovo Carlo Bresciani: “Mi è molto gradito portare il mio saluto a questo incontro. La questione della vita, e più in generale la questione antropologica, si è andata imponendo nel nostro mondo occidentale e non solo.
Siamo di fronte ad una globalizzazione anche delle questioni complesse e delicate che riguardano il rapporto tra lo stupefacente sviluppo dei mezzi tecnici che servivano da supporto alla vita e la mancanza di chiarezza sui criteri che dovrebbero prescindere il loro utilizzo e la loro applicazione.
Non solo le ripercussioni sul modo di intendere la nostra vita umana ma anche sulla vita in genere quella animale e quella vegetale. Siamo sempre più consapevoli che la vita umana sulla terra è un delicato equilibrio su cui tutte le forme della vita umana, animale e vegetale si tengono in stretta correlazione.
Aveva visto bene A.V. Potter quando nel 1970 diede inizio a questa disciplina insegnata in tante università nel mondo: la bioetica. Lui da oncologo aveva capito che lo sviluppo e le applicazioni delle nuove tecniche aprivano questioni molto ampie e molto profonde, toccavano la stessa sopravvivenza dell’umanità e che implicavano una riflessione etica, filosofica e teologica.
L’approccio alla vita non poteva essere lasciata ai soli medici, richiedeva un approccio interdisciplinare e una presa di coscienza delle conseguenze a vasto raggio dello sviluppo biotecnologico che già nel 1970 si incominciavano ad intravedere con una certa chiarezza.
Dal 1970 molta strada è stata percorsa e i dibattiti che allora sembravano prematuri, oggi sono entrati di forza nel bio-diritto e nella bio-politica. Questo vuol dire che la manipolazione della vita nella sua dimensione più logica, ci ha portato a dubitare dell’esistenza stessa di una natura umana e a pensare al corpo come una materia e energia indefinitamente manipolabili, custodibili o ristrutturabili secondo il desiderio di ciascuno.
Il risultato a cui assistiamo è la rottura dell’armonia tra l’essere umano e il suo corpo. L’introduzione di un conflitto insanabile tra corporeità e desiderio soggettivo porta, non solo a una dilatazione indefinita della manipolabilità del corpo, ma anche ad un rifiuto della stessa vita quando il corpo non corrisponde al desiderio oggettivo.
Il corpo secondo le prospettive del gender è soltanto un neutro, una lavagna pulita dove può scrivere quello che vuole. È dubbio il guadagno dell’essere umano su questa conflittualità. Alla luce di tutto questo, la stessa concezione dei diritti umani fondamentali è posta in discussione quando si parla di diritto alla vita che entra in conflitto con il diritto alla fine della vita: aborto, eutanasia, etc., due diritti che dovrebbero elidersi a vicenda in quanto incompatibili tra di loro.
Siamo di fronte ad un cortocircuito culturale che manda in tilt i diritti umani in quanto, se non c’è diritto alla vita, nessun altro diritto ha senso e fondamento.
La nostra cultura non sembra accorgersene e vanta tutto come progresso e modernità.
Siamo di fronte ad agenzie politiche che ne propagandano la diffusione, se non addirittura ne impongono la visione agli stati membri.
La bioetica non è casistica medica che c’è e a volte è difficile da risolvere visto la complessità della vita. È una questione molto più ampia, molto più profonda, si tratta i ritornare a chiedersi quale è il senso della nostra vita personale, quale è il senso e il valore del nostro corpo.
Quali criteri morali applicare per chiarire i problemi posti dalla biomedicina? La risposta a questo interrogativo suppone una adeguata concezione della natura umana e della sua dimensione corporea. Infatti è soltanto nella linea della sua vera natura che la persona può realizzarsi come totalità unificata. Ora questa natura dell’essere umano è inscindibilmente corporea e spirituale. Il corpo non può essere considerato solo come complesso di tessuti, i organi o di funzioni.
Ne può essere valutato alla stregua del corpo degli animali, ma è parte costitutiva della persona che attraverso di essa di manifesta e si esprime. La bioetica è lo studio sistematico della condotta umana nell’ambito della scienza della vita e della cura della salute quando tale condotta è valutata alla luce dei valori e dei principi morali.
Sono affermazioni generiche accolte da tutti e non spiega quali sono i valori e i principi morali ai quali bisogna fare riferimento per giungere ad un giudizio che debba esser orientativo delle scelte mediche personali e delle scelte socio politiche.
L’AMCI trae dal vangelo e dalla fede del Dio amante della vita una sua concezione ben precisa dell’essere umano e della sua dignità, alla luce della relazione costitutiva dell’essere essere umano con Dio e con la vita eterna. Su questi valori e su questa fondazione razionale siamo chiamati a confrontarci con la cultura attuale e con le problematiche bioetiche che si presentano, nella convinzione profonda di fare un servizio all’uomo e alla società.
L’enciclica “Evangelium Vitae” del quasi Santo Giovanni Paolo II “ogni uomo sinceramente aperto alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore (cf. Rm 2, 14-15) il valore sacro della vita umana, dal primo inizio fino al suo termine, e ad affermare il diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo suo bene primario. Sul riconoscimento di tale diritto si fonda l’umana convivenza e la stessa comunità politica”.
Su questo siamo chiamati a confrontarci a dare fondamento ad affermazioni e valori che possono aiutarci a comprendere la vita umana ad amarla, rispettarla, curarla e servirla perché è con questo che noi realizziamo il nostro amore verso l’uomo.
Pertanto ringrazio l’Amci e spero che questa iniziativa possa dare risultati che aiutino meglio a comprendere queste problematiche, affinchè sappiamo scegliere come singoli e come società cosa è veramente utile all’essere umano e alla sua vita su questa terra.
Dott. Massimo del Moro “Il nostro impegno è quotidiano in quanto operatori della sanità. Questa mattina abbiamo fatto dei sopralluoghi per la realizzazione dell’hospice che purtroppo ad Offida non è funzionante. Le considerazioni le collego a questo impegno, in quanto cerchiamo di accompagnare ogni fase della vita.
Non tutti hanno la fortuna di essere accompagnati dalla famiglia, allora cerchiamo di dare delle risposte che vadano in questa direzione. Il tema ella bioetica è affascinante e mette in gioco noi stessi davanti ai problemi e ai temi che accompagnano la nostra vita nel quotidiano. È importante testimoniare l’attenzione di questi temi nella società moderna”.
Dott. Fioroni: “Ringrazio tutti voi per aver accolto l’invito.
Questo corso di formazione nasce come logica di un percorso di incontro che negli ultimi due tre anni l’Amci insieme alla medicina riabilitava ha offerto a medici dell’area vasta. Rispetto a un tempo non molto lontano, i medici si sono trovati con problematiche sempre più emergenti.
Questo corso volutamente è più strutturato in quanto abbiamo coinvolto illustri personalità nazionali che ci hanno onorato della loro partecipazione. Abbiamo invitato inoltre colleghi di diverso parere perché non abbiamo paura di confrontarci. Cedo adesso la parola alla Dott.ssa Palma Sgreccia e in seguito al dottor Giuseppe Romani per le loro relazioni”.
La Prof.ssa Sgreccia, ha posto l’accento sull’importanza imprescindibile della relazione degli operatori sanitari con il paziente, che, in quanto persona, è irripetibile ed unico nella sua unitotalità di corpo e di spirito, espressa attraverso la sua finitudine e vulnerabilità. L’essere umano, infatti, assume la sua dignità di persona dal momento del concepimento alla morte.
Al termine della relazione è stata posta una domanda circa il rapporto tra la finitudine e la solitudine.
La Prof.ssa ha risposto prendendo spunto dal IV libro delle Confessioni di S. Agostino in cui egli parla della sua sofferenza per la morte dell’amico: l’unica risposta di senso al dolore e alla finitudine, che possono generare solitudine, è l’amore che ci porta ad andare oltre.
Ha ribadito, inoltre, che si deve stare attenti a non cadere nel tranello di dire che cristianamente la sofferenza ed il male sono necessari, si scadrebbe nel “dolorismo”. La sofferenza dei giusti e degli innocenti è un mistero, tuttavia è un’occasione di crescita.
A questo concetto si aggancia l’intervento di Don Decio Cipolloni: le persone si affidano ai dottori con grande atto di fede e speranza, ecco perché è fondamentale, oltre alla professionalità, mettersi a fianco di chi soffre, come faceva Gesù, con un cuore pieno di compassione. Molti si chiedono dove sia il Signore nei genocidi, nei cataclismi, Egli è sempre in coloro che soffrono.
Il Dottor Santori ha chiesto alla Prof.ssa quali prospettive siano possibili in tal senso, visto i contingenti tagli alla Sanità pubblica.
Lei ha risposto che è necessario dare la priorità all’istanza di quanti si trovano in situazione di non autosufficienza (anziani, malati di neuropatie croniche e degenerative…), perché nel territorio sia rimessa al centro la persona nel pieno rispetto della sua dignità.
La seconda parte della relazione è stata tenuta dal Dottor Giuseppe Romani sulla Bioetica cattolica e Bioetica laica, prendendo spunto dall’omonima pubblicazione di Giovanni Fornero.
Attraverso l’ausilio di slide, partendo dal presupposto che non si può fare bioetica senza l’etica, è stata magistralmente spiegata la differenza tra la Teoria della Sacralità della vita, di matrice cattolica, e la Teoria della Qualità della vita, laica.
Il motto cattolico potrebbe essere “valori etici eterni nelle situazioni nuove”; il motto laico “a situazioni nuove forme etiche nuove”, ispirato dal timore del male che in situazioni nuove possono involontariamente produrre forme etiche vecchie (Scarpelli).
Su questo punto sono d’accordo sia un laico come Scarpelli sia un cattolico come il cardinal Sgreccia (zio della Professoressa). Esiste una bioetica cattolica ufficiale, professata pubblicamente tramite appositi documenti dalla Chiesa di Roma. Alcuni preferiscono il termine Bioetica cattolica della sacralità della vita di indirizzo personalista e ontologico.
L’articolazione teorica del paradigma della sacralità della vita è esplicitata nei seguenti punti:
1. Creaturalità: Vita come splendido dono di Dio. La persona umana è ad immagine e somiglianza del Dio vivente e santo. La persona vale di per sé e in quanto tale.
2. Non disponibilità: Della vita propria o altrui nessuno può disporre, essendo dono e proprietà del Creatore. L’individuo non ha un possesso arbitrale sulla propria vita, ma deve limitarsi ad accoglierla.
3. Inviolabilità: Dalla sacralità della vita scaturisce la sua inviolabilità, (divieto morale di uccidere).
Da qui il diritto, da parte di ogni essere umano, anche quando venga a trovarsi in una situazione di grave handicap fisico e psichico, a vedere tutelata la propria persona.
In sintesi, ritenendo che Dio parli non solo mediante la Parola rivelata, ma anche attraverso la natura, la Teoria della Sacralità della Vita sostiene:
1) l’esistenza di un piano intelligente delle cose (ordine naturale immutabile)
2) la conoscibilità, per mezzo della ragione, di tale ordine naturale immutabile
3) l’equazione fra “ordine della natura” e “piano provvidenziale” di Dio.
La bioetica laica della qualità della vita.
Essere laici non implica né l’agnosticismo né l’ateismo, ma solamente l’esclusione di premesse metafisiche o religiose che pretendano di valere per tutti.(M. Mori)
Principio cardine della bioetica laica è il rispetto dell’autonomia decisionale dei singoli e, pur essendoci diversi paradigmi filosofici a cui fa riferimento, ci sono alcuni punti su cui tutti convergono:
1. L’umanità della morale: i laici ritengono che sia l’uomo (anziché Dio o l’ordine naturale) ad essere la sorgente delle norme etiche.
2. Il rifiuto del concetto di “natura”: la natura è ritenuta un prodotto culturale.
La fonte del bene non è il “vero” (“natura” o “legge eterna”), bensì la libertà e l’intelligenza degli uomini.
3. La “disponibilità” della vita: difende il principio della disponibilità della vita e dell’autodisponibilità dell’uomo. L’umanità sulla base delle scoperte biotecnologiche, deve avere la possibilità di “manipolare” radicalmente se stessa.
4. Assenza di divieti assoluti: le due bioetiche, pur essendo strutturalmente diverse e, su certi punti, inconciliabili, non possono fare a meno di coesistere e di dialogare.
Il Dottor Romani, riprendendo il discorso sulla sofferenza e la malattia, ha concluso affermando che la “croce” non è la malattia, ma è la lotta contro la malattia, schierandosi contro il male ed il dolore con la mitezza e l’umiltà del cristiano.
Il Dottor Fioroni, ringraziando i relatori e i convenuti, ha ribadito l’imprescindibilità delle argomentazioni trattate, come fondamento epistemologico per affrontare le successive tematiche.