Una “banca della ‘ndrangheta” a Seveso, in Brianza. Una sorta di “banca autonoma”, gestita da un’organizzazione criminale capace sia di riciclare con facilità il denaro d’imprenditori che volevano evadere il fisco sia di prestare soldi e di reinvestire in aziende sane. Scoperta, gli inquirenti hanno effettuato, dal 4 marzo, perquisizioni e sequestri di beni mobili, immobili e società per un valore di decine di milioni di euro, con gli arrestati accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, riciclaggio, usura, estorsione, corruzione, esercizio abusivo del credito, intestazione fittizia di beni e società. Per fare il punto su questa vicenda e sulla capacità espansiva della ‘ndrangheta nel mondo economico, abbiamo rivolto alcune domande a Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria.
Una “banca della ‘ndrangheta” in Brianza. Qual è la geografia attuale dell’organizzazione?
“Oggi la ‘ndrangheta è l’organizzazione criminale più diffusa e pervasiva. In Italia è presente in tutte le Regioni del Centro-Nord, una presenza spesso discreta, visto che la ‘ndrangheta da sempre preferisce muoversi sotto traccia. I primi insediamenti si sono registrati in Lombardia e Piemonte, seguiti da Liguria, Valle d’Aosta, Emilia Romagna e Lazio. Stesse dinamiche si sono registrate in Europa, dove esistono veri e propri avamposti della ‘ndrangheta, soprattutto in Germania, Olanda, Belgio, Francia, Inghilterra, Irlanda, Spagna e Portogallo e in molti Paesi dell’Europa dell’Est”.
Qual è oggi l’obiettivo principale della ‘ndrangheta? Penetrare nel sistema economico in maniera tentacolare? Ci sono settori “emergenti”?
“I campi di azione tradizionali sono la ristorazione, l’edilizia e l’immobiliare. Ma ormai la globalizzazione dei mercati ha portato la ‘ndrangheta in giro per il mondo, dove ha acquisito quote di minoranza di numerose aziende in settori innovativi e diversi da quelli tradizionali. L’obiettivo da quando la ‘ndrangheta ha cominciato ad assumere un ruolo predominante nel traffico di cocaina, è quello di giustificare la ricchezza. Gestiscono tanti soldi e devono riciclarli. Riescono a farlo sfruttando la globalizzazione dei mercati e le nuove tecnologie. Spesso sono professionisti senza scrupoli a indicare ai boss i settori e i territori più favorevoli”.
Si può dire che uccidere non sia il primo comandamento della ‘ndrangheta oggi?
“Bisogna mettere in discussione il principio secondo cui le mafie esistono solo quando sparano. Bisogna comprendere che, quando non sparano, sono ancora più pericolose. Se non utilizzano la violenza significa che non c’è necessità di farlo. Ciò che prima si faceva con le pistole ora si fa con la corruzione. È il passaggio successivo. La ‘ndrangheta quando si sposta in un posto, non lo fa solo per un interesse economico, ma anche perché ha intenzione di mettere radici e di condizionare le scelte politiche e imprenditoriali. Soprattutto in periodi di crisi, è tra i pochi a disporre di denaro contante. In alcune zone si trasforma in una vera e propria banca. Ci sono casi in cui gestisce i prestiti a tassi d’usura e altri in cui fa concorrenza alle banche che in periodi come questi tengono chiusi i cordoni della borsa”.
Riciclare proventi usurari: è una pratica emergente?
“L’usura è un modo rozzo ma efficace di riciclare denaro. I soldi della droga vengono utilizzati per finanziare operazioni commerciali e imprenditoriali ma anche per prestare soldi a imprenditori in difficoltà. Quando i destinatari di questi ‘finanziamenti’ non riescono a far fronte alle loro obbligazioni, perdono le loro attività a vantaggio dei prestanome della ‘ndrangheta. A questo si aggiunge la difficoltà e il coraggio di denunciare certi comportamenti, al Nord come al Sud”.