Di Alessandro Leardini
Vent’anni senza verità e giustizia. A due decenni dal duplice omicidio dei giornalisti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, avvenuto in Somalia il 20 marzo 1994 mentre l’inviata del Tg3 e il suo telecineoperatore stavano indagando su alcuni traffici di armi e rifiuti tossici tra il paese africano e l’Italia, la loro esecuzione è ancora avvolta nel mistero. Cinque magistrati, tre Pubblici Ministeri, una Commissione parlamentare d’inchiesta e vent’anni di indagini hanno portato all’arresto di una sola persona, il somalo Hashi Omar Assan, innocente, come ha ribadito più volte l’Associazione Ilaria Alpi nel portare avanti, a fianco dei genitori della giornalista del Tg3, la battaglia in nome della verità. Per il ventennale dell’esecuzione, numerosi eventi, in diverse città italiane, sono dedicati in questi giorni alla memoria di Ilaria Alpi: dallo speciale in onda questa sera su Rai 3 (ore 21.05) con Luciana Alpi, madre di Ilaria, alla mostra fotografica di Paola Gennari Santori aperta fino al 30 marzo al Museo MAXXI Corner D di Roma, fino alla presentazione (il 4 aprile a Forlimpopoli) de “La strada di Ilaria”, romanzo scritto da Francesco Cavalli, ideatore e direttore del Premio giornalistico “Ilaria Alpi”, nato a Riccione (Rimini), anch’esso alla sua ventesima edizione. Come filo conduttore, la volontà di non far spegnere i riflettori su uno dei più grandi misteri della storia italiana e di ribadire con forza che i due inviati sono stati uccisi intenzionalmente, perché avevano scoperto una verità troppo scomoda.
La presidente dell’Associazione “Ilaria Alpi”, Mariangela Gritta Grainer, fa il punto sul caso. Cosa sappiamo a vent’anni di distanza da quella tragedia?
“In questi anni sono entrata più volte nel mondo di Ilaria, dal momento della sua esecuzione. L’ho fatto con la volontà di cercare nei suoi lavori una traccia per capire la sua morte, innanzitutto. Con la consapevolezza che quello che rimane dei suoi appunti sia solo una minima parte di quanto è stato purtroppo trafugato, eliminato, occultato”.
Per quale motivo?
“Sappiamo che Ilaria aveva raccolto materiale importante e anche le prove di un traffico di armi e di rifiuti tossici individuando responsabilità. Per questo è stata uccisa insieme a Miran prima che potesse raccontare ‘cose grosse’ come aveva annunciato alla Rai. Abbiamo assistito a depistaggi, occultamenti, carte false, testimoni, persone informate dei fatti che hanno mentito o non hanno detto tutto ciò che sapevano. Altri sono morti in circostanze misteriose. Il tutto con la complicità di parti e strutture dello Stato che hanno lavorato all’accreditamento ufficiale di false versioni manipolando fatti reali”.
La vostra Associazione ribadisce da tempo che ancora non si sa chi ha ordinato l’omicidio e chi ha coperto esecutori e mandanti. Dove sono le prove di questa esecuzione?
“Ci sono documenti, testimonianze, informative, inchieste. Un materiale enorme, accumulato in anni di inchieste giornalistiche, della magistratura, delle commissioni d’inchiesta parlamentari e governative, che custodisce i nomi e le prove. Su parte di questo materiale è stato posto il segreto di Stato pensando che potesse danneggiare gravemente gli interessi della nostra Repubblica. Pensiamo che cercare la verità, non ostacolarne la ricerca, non danneggi la Repubblica italiana ma la onori esaltando la nostra Costituzione”.
Si parla di ottomila documenti secretati, acquisiti negli archivi della Camera dei deputati da cinque Commissioni d’inchiesta sui rifiuti e una sul caso Alpi. Recentemente è nata una petizione on line, promossa da Articolo 21 su Change.org, per chiedere che questi archivi vengano desecretati. In pochi giorni ha superato le 50mila firme. L’Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati, su proposta del Presidente Laura Boldrini, ha avviato la procedura di desecretazione degli atti. “L’unica speranza può venire dai documenti riservati. Li aspetto da Laura Boldrini”, ha affermato Luciana Alpi alla conferenza organizzata nella sala stampa di viale Mazzini per presentare lo speciale Rai sul ventennale. Fortemente collegata al mistero della morte dei due giornalisti, è la pista sui traffici di rifiuti tossici. Anche su questo fronte, nelle ultime ore si sono aperte nuove speranze dopo che Greenpeace Italia ha pubblicato la lista dei documenti segreti posseduti dall’ultima Commissione parlamentare sui rifiuti: 750 atti riservati, molti dei quali contengono proprio riferimenti diretti a Ilaria Alpi.
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