Di Antonio Benigni
DIOCESI – Oramai sono parecchi gli anni della mia vita, che condivido con il Csi e in tutto questo tempo ogni volta che si parla del Centro Sportivo Italiano, del suo operato nel mondo sportivo a favore dei bambini e dei ragazzi, il primo pensiero che balena sulla bocca di tutti è che il csi esiste per dare la possibilità di giocare a tutti i ragazzi …”scartati” dalla altre realtà sportive. Ci identificano così, i ragazzi che giocano nel csi lo fanno perché sono “scarsi”.
A tal proposito mi permetto, di farvi leggere una lettera di un allenatore, tal Giuseppe, che un giorno, dopo aver ascoltato per tanto tempo, le solite “cantilene”, ha deciso di scrivere una letterina ai genitori dei suoi ragazzi che, a mio parere, potrebbe tranquillamente essere ripresa da molti ed inviata a tutti i genitori e dirigenti di giovani atleti.
“… Sono 3 anni che trascorro il mio tempo libero in mezzo ai bambini che giocano a calcio.
C’è chi gioca, chi ci prova, chi semplicemente sta nel campo aspettando che la palla passi dalle sue parti per tirare un calcio e dare un senso al suo allenamento. Ne ho viste di tutti i colori: ho visto portieri salutare la mamma, ignari del fatto che la palla stesse carambolando lentamente in porta, ho visto difensori schierarsi alle spalle della porta.
Ho visto rincorrere la palla oltre la linea laterale, portieri voler fare gli attaccanti e centravanti che hanno insistito per fare i portieri. Ho incontrato bambini che non volevano andare in panchina; altri che non volevano andare in campo. Ho visto bambini che tifano contemporaneamente Juve, Inter e Milan e portieri che volevano sfilarsi i guanti perché faceva caldo.
Un bambino che voleva partecipare all’allenamento mentre il papà non voleva e ho visto anche il contrario.
Non ho mai visto un bambino “scarso”. Sono sempre più convinto che la “scarsezza” non appartenga al mondo dei bambini. A loro è concesso tutto anche di definire “scarso” un proprio compagno o un avversario. Agli adulti questa concessione non può essere fatta. Lo so, non tutti i bambini sono abili allo stesso modo nel calcio. C’è chi è più abile a scuola, chi in piscina, e chi non vuole mostrare le proprie capacità agli altri. C’è chi conosce il rispetto per il prossimo, chi è abile nel tirar diritto nonostante qualcuno abbia tracciato per lui una strada tortuosa. C’è chi è capace di tirarsi indietro quando si accorge di non essere accettato e chi, invece, insiste nella propria passione, anche se per gli altri non è un campione.
E c’è chi è più abile degli altri a giocare a calcio. Gli allenatori lo sanno e i genitori lo vedono.
Ma cosa c’è di più bello che vedere il proprio figlio soddisfatto e contento anche per aver preso parte a una gara pur senza toccare una palla? Cosa c’è di più commovente (e raro…) di un bimbo che gioisce di un gol del compagno come se fosse suo? Non ho mai allenato un bimbo “scarso”.
Ho cercato sempre di scoprire il meglio di ogni bambino che mi viene affidato.
Vedere come gli si illuminano gli occhi quando calcia un pallone in porta o la smorfia di fatica e la soddisfazione di un portiere che ha appena sventato un gol, mi fa pensare che i miei bimbi sono tutti campioni.
Quando uno di loro mi abbraccia nel bel mezzo dell’allenamento, apparentemente senza motivo, e mi stringe come se volesse ringraziarmi di averlo fatto sentire importante, anche per 5 minuti, fa illuminare anche i miei occhi e mi fa pensare che nessuno dei miei bimbi è “scarso”.
Anche se riescono a non sporcarsi in un campo infangato, anche se lo scatto più veloce se lo riservano per correre negli spogliatoi a fine partita. Anche se in campo dovessero perdere tutte le partite».
Ecco queste sono le motivazioni per cui il Csi esiste e continuerà ad esistere, per quell’indimenticabile abbraccio che riceviamo ogni domenica, ogni giorno, ogni volta che ci “mettiamo in gioco” con i nostri ragazzi i nostri bambini e loro ci ringraziano con quell’abbraccio per averli fatti sentire importanti anche se solo per 5 o 10 minuti, poiché non esistono e non esisteranno mai, bambini scarsi.
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