Di Andrea Casavecchia
Dare di più, in ogni campo della nostra vita, è una delle tentazioni più attraenti per la nostra società. La pretesa che coinvolge tutti, giovani e adulti, diventa quasi naturale.
Si osserva nello studio, quando non è sufficiente andare bene, ma si aspira all’unico voto valido, il più alto; si sperimenta nel lavoro, quando non basta eseguire i tuoi compiti con professionalità, ma dimostrare di essere il migliore; si vive nella vita affettiva quando si vuole nascondere incertezze o timori per mostrarsi perfetti di fronte al partner; esempi li rintracciamo nello sport quando si rincorrono prestazioni sempre al limite delle proprie forze, anche tra amatori e non professionisti.
Ormoni e integratori, antinfiammatori e antidolorifici ci vengono incontro per soddisfare le ambizioni. Cosa c’è di male nel prendere dei medicinali per migliorare le proprie performance? Ci sono pasticche o pomate.
In Italia la spesa media di un cittadino per i farmaci raggiunge i 430 euro in un anno e la spesa totale nel campo farmaceutico arriva a 25,6 miliardi di euro. Dietro numeri così alti si nasconde un abuso. Uno dei nuovi mercati è online, dove gli acquisti sono molto più facili: si consideri che solo 400 farmacie su Internet sono legali su oltre 40mila censite, per l’85% dei siti non è necessaria la ricetta medica per l’acquisto; inoltre su web è più facile imbattersi in truffe, si ipotizza che il 50% dei medicinali venduti potrebbero essere contraffatti. Il mercato molto fruttuoso dato che per ogni euro investito nella contraffazione se ne possono guadagnare 2mila e 500. A quale prezzo, però?
Mentre gli studiosi s’interrogano circa gli effetti sulle persone del potenziamento neurologico, si chiedono se sia corretto l’uso della chimica per migliorare le prestazioni del cervello e del proprio fisico, se sia etico e se sia pericoloso, la nostra società diventa “dopata”.
In un mondo che esalta la competizione come luogo ottimale per raggiungere i risultati ogni dimensione della vita diventa una gara con gli altri o con se stessi, una sfida a superarsi e a bruciarsi. Dare sempre il massimo diventa dimostrarsi eccezionali di fronte agli altri, prevalere sugli altri e lasciarsi ammirare. Nella ricerca del benessere l’obiettivo non è costruire relazioni buone, ma essere primi e riconosciuti tali. Certo non tutti possono essere i primi in assoluto, allora ci si accontenta di essere primi negli ambienti che si frequentano. Così la dimensione competitiva invade ogni campo sociale e il nostro narcisismo condiziona i legami.
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