Di Vincenzo Corrado
“La Chiesa per la scuola”. Non è un semplice slogan, ma un percorso che la Chiesa italiana ha messo in campo in questi mesi per rilanciare nella società il dibattito sull’educazione e sulla scuola. Un cammino iniziato nel maggio 2013 quando a Roma quattro Uffici nazionali della Cei (Educazione, scuola e università; Pastorale della famiglia; Servizio per la pastorale giovanile; Servizio per l’insegnamento della religione cattolica), hanno tenuto un laboratorio nazionale con circa 300 partecipanti tra chi opera, nelle varie Regioni, nella pastorale familiare, nella pastorale giovanile e nella pastorale scolastica. “La Chiesa per la scuola”, appunto. “Tutta la scuola, senza aggettivi”, puntualizza monsignor Domenico Pompili, sottosegretario della Cei, spiegando che con questa iniziativa, secondo quanto indicato dai vescovi italiani negli Orientamenti pastorali per il decennio, dedicati all’educazione, “si vuole approfondire il tema della scuola, in collegamento con la famiglia e la pastorale giovanile”. Un cammino unitario, con tante iniziative sul territorio promosse da diocesi e associazioni, che avrà come “momento clou” l’incontro con Papa Francesco in piazza San Pietro il 10 maggio. “Sarà una grande festa – afferma ancora Pompili -, per un cammino che ripartirà da lì sulla strada del lavoro insieme”. È quanto confermano anche i quattro direttori degli Uffici nazionali della Cei.
Le tre certezze. “Tutti – riflette don Maurizio Viviani, direttore dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università – abbiamo almeno tre certezze nei riguardi della scuola. La prima: senza scuola non c’è futuro per la società. La seconda: senza scuola un ragazzo non può diventare adulto. La terza: la scuola deve educare se vuole generare futuro”. Purtroppo, “negli ultimi anni troppo spesso la scuola è stata la Cenerentola delle politiche del Paese e ha corso il rischio di veder evaporare la propria vocazione educativa, a causa di problemi burocratici, economici, strutturali e motivazionali”. Il percorso unitario, sottolinea Viviani, “intende evidenziare ciò che tutti desideriamo: avere una scuola degna della nostra tradizione educativa, attenta alle innovazioni e ai cambiamenti, senza tuttavia smarrire la sua vocazione primigenia, ovvero accompagnare il ragazzo verso l’età adulta”. Inoltre, “intende sostenere l’impegno di genitori, educatori, dirigenti, insegnanti e alunni” nel “ricollocare la ‘persona’ al centro della scuola”.
La vera sfida. “La scuola – osserva don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia – è un’alleata preziosa delle famiglie e un bene di tutti”. La “vera sfida” è “una Chiesa famiglia di famiglie che mostra di avere a cuore il futuro delle giovani generazioni e quindi, in particolare, della scuola”. Infatti, nota don Gentili, “ogni famiglia avverte sempre più la necessità di un aiuto concreto per educare i figli, accompagnarli in un orizzonte valoriale di spessore, spalancare loro la bellezza del dono della vita da far fruttare”. Per questo motivo, “nel nostro Paese si rende necessario un nuovo investimento culturale e di risorse economiche su chi opera nelle scuole”. Il “desiderio”, rimarca Gentili, è “mostrare all’Italia che insieme è possibile costruire una scuola più bella e spalancare alle giovani generazioni un futuro ricco di speranza”. Da “questa alleanza” tra “scuola e famiglia” potranno “scaturire frutti fecondi e tutti noi inizieremo a sognare un avvenire carico di felici promesse per l’intera umanità”.
Un segno concreto. L’impegno della Chiesa italiana per la scuola, ricorda don Daniele Saottini, responsabile del Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica (Irc), “non è cosa nuova: da anni si realizza, quotidianamente, anche attraverso l’impegno di tanti insegnanti di religione cattolica”. L’Irc è, infatti, “uno dei segni concreti della nostra passione educativa”. La presenza nelle scuole di più di 23mila docenti d’Irc, “ben formati e motivati”, spiega, “permette di aiutare gli studenti a comprendere l’importanza della religione per la costruzione di una personalità e di una società pienamente aperte al contributo delle diverse culture e capaci di accogliere e valorizzare gli sforzi e le capacità di ciascuno”. La prova che “si riesce davvero a rispondere alle richieste degli alunni e delle loro famiglie” è il “gradimento” verso questo insegnamento, scelto da “più del 90% degli studenti”.
Un dialogo intenso. Ma oltre l’impegno degli insegnanti di religione cattolica, ci può essere un incontro tra scuola e pastorale? “Il criterio fondamentale – risponde don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile – sono i ragazzi che nella scuola stanno (molto tempo), crescono (speriamo) e sicuramente imparano, perché gli adulti e le relazioni che lì dentro vivono saranno decisivi nella loro vita”. Per don Falabretti, “chi si occupa della loro educazione e della loro crescita negli ambienti di vita ecclesiale non può prescindere da quello che per molti anni della vita è il luogo di fatica e lavoro, di sperimentazione continua di sé e di scoperta degli altri per i ragazzi”. E dunque, “soprattutto sul territorio e nelle parrocchie, il dialogo tra comunità cristiana e scuola deve farsi intenso”. Anche perché, rileva Falabretti, “cattolica o no, la scuola accoglie i figli di tutti: prendersi cura di loro significa aiutarli a fare sintesi di tutto ciò che vivono e imparano, perché le loro coscienze li abilitino a fare le scelte decisive”… “La Chiesa per la scuola”, dunque, non uno slogan ma un impegno concreto sul territorio.