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Papa Francesco “Non rimaniamo ciechi nell’anima. Apriamoci alla Luce del Signore!”

Da Zenit di Salvatore Cernuzio

Si apre con un cieco dalla nascita che comincia a vedere e si chiude con dei “presunti vedenti” che rimangono ciechi nell’anima il lungo Vangelo proposto dalla Liturgia odierna. In questo continuum, si inserisce la riflessione di Papa Bergoglio nella catechesi prima dell’Angelus di oggi, che si può sintetizzare con un quesito: chi tra le figure del Vangelo ci rappresenta oggi? Siamo il cieco che riacquista la vista grazie alla luce di Cristo? Oppure i dottori della legge che si parano gli occhi dietro l’orgoglio e la presunzione, diventando sempre più ciechi nell’anima?

Il Papa si sofferma innanzitutto sul miracolo di Gesù sul cieco nato, che San Giovanni narra “in appena due versetti”, perché – spiega il Santo Padre – “l’evangelista vuole attirare l’attenzione non sul miracolo in sé, ma su quello che succede dopo, sulle discussioni che suscita”. Il cieco guarito viene, infatti, prima interrogato dalla folla stupita, poi dai farisei, che si rivolgono anche ai suoi genitori. Alla fine, “il cieco guarito approda alla fede”, e questa – afferma Francesco – “è la grazia più grande che gli viene fatta da Gesù: non solo di vedere, ma di conoscere Lui, che è la luce del mondo”.

Ma mentre il cieco “si avvicina gradualmente alla luce”, i dottori della legge “sprofondano sempre più nella cecità interiore”. “Chiusi nella loro presunzione – osserva Bergoglio – credono di avere già la luce”; e per questo “non si aprono alla verità di Gesù”. Anzi, “fanno di tutto per negare l’evidenza”, mettendo in dubbio la stessa identità del cieco guarito o negando “l’azione di Dio nella guarigione”. Pur di avvalorare le loro ragioni, i farisei avanzano la “scusa” che “Dio non agisce di sabato”, e “giungono persino a dubitare che quell’uomo fosse nato cieco”. “La loro chiusura alla luce diventa aggressiva e sfocia nell’espulsione dal tempio dell’uomo guarito”, commenta il Papa.

Spiega poi che, al contrario del cammino a ritroso compiuto dai dottori della legge, il cammino del cieco è un percorso che va avanti, “a tappe”, partendo “dalla conoscenza del nome di Gesù”. Il cieco “non conosce altro” del Messia, infatti dice: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi». È poi a seguito delle “incalzanti domande” dei suoi cinici interlocutori, che definisce Cristo “un profeta” e “un uomo vicino a Dio”. Quindi, quando Gesù lo trova di nuovo dopo l’allontanamento dal tempio, “gli apre gli occhi per la seconda volta, rivelandogli la propria identità”. A questo punto, ricorda il Papa, “colui che era stato cieco esclama: «Credo, Signore!», e si prostra davanti a Gesù”.

A volte, osserva il Santo Padre, “la nostra vita è simile a quella del cieco che si è aperto alla luce, a Dio e alla sua grazia”. Altre volte, purtroppo, “è un po’ come quella dei dottori della legge: dall’alto del nostro orgoglio giudichiamo gli altri, e perfino il Signore!”. La Chiesa, dunque, in questa terza domenica di Quaresima, ci rivolge l’invito “ad aprirci alla luce di Cristo per portare frutto nella nostra vita, per eliminare i comportamenti che non sono cristiani, per camminare decisamente sulla via della santità”.

Questa santità, afferma il Pontefice, “ha la sua origine nel Battesimo”, in virtù del quale “anche noi infatti siamo stati illuminati” da Cristo, affinché – come dice San Paolo – ci potessimo comportare come “figli della luce”, “con umiltà, pazienza, misericordia”. In tal senso, consiglia di rileggere il brano del capitolo 9 del Vangelo di Giovanni, perché – dice – “vi farà bene” per vedere “questa strada dalla cecità alla luce e quell’altra strada cattiva verso una più profonda cecità”.

Poi esorta al solito esame di coscienza: “Come è il nostro cuore? Com’è il mio cuore, com’è il tuo cuore, come è il nostro cuore? Io ho un cuore aperto o un cuore chiuso? Aperto o chiuso verso Dio? Aperto o chiuso verso il prossimo?”. “Sempre – aggiunge il Santo Padre – abbiamo in noi qualche chiusura nata dal peccato, nata dagli sbagli, dagli errori: non abbiamo paura, non abbiamo paura! Apriamoci alla luce del Signore. Lui ci aspetta sempre, per farci vedere meglio, per darci più luce, per perdonarci”.

Il Papa invoca infine la Vergine Maria, a cui affida il cammino quaresimale, affinché – è la sua preghiera – “anche noi, come il cieco guarito, con la grazia di Cristo possiamo venire alla luce, rinascere a vita nuova”.

Al momento dei saluti, dopo la preghiera mariana, il Santo Padre si rivolge agli oltre 50mila pellegrini presenti in San Pietro, in particolare quelli provenienti da Italia, Londra, Parigi e alcune città della Spagna. Rivolge poi un pensiero speciale ai militari italiani “che hanno compiuto un pellegrinaggio a piedi da Loreto a Roma, pregando per la pacifica e giusta risoluzione delle contese”. A loro dice con affetto: “Questo è molto bello: Gesù, nelle Beatitudini, dice che sono beati coloro che lavorano per la pace”.

Non dimentica, poi, di citare il Movimento Giovanile Lasalliano, il gruppo “Giovani, arte e fede di Santa Paola Frassinetti” e gli universitari di Venezia. Infine, saluta i motociclisti di Terni-Narni e i rappresentanti del WWF Italia (presenti da ieri in piazza Pio XII con numerose miniature di piccoli panda), che incoraggia “nel loro impegno a favore dell’ambiente”. Infine, si congeda con la frase che tutti, ogni domenica, attendono col sorriso: “Buona domenica e buon pranzo!”.

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