Dyiana e Ahmed, due giovani, bulgara lei, egiziano lui, ormai giunti alla soglia della maggiore età, e con un lungo viaggio alle spalle. La prima da una piccola cittadina a due ore da Sofia, il secondo dalle zone rurali del Cairo. Da due periferie geografiche diverse, ma entrambi con un’unica meta, l’Italia, una sorta di terra promessa, correndo dietro un sogno, quello di una nuova vita e di un lavoro. Due giovani con le stesse aspirazioni di tanti loro coetanei italiani che, ogni giorno, devono fare i conti con una crisi che toglie fiducia e taglia speranze, soprattutto a chi, queste difficoltà, deve affrontarle da solo.
“Nessuno può togliermi i sogni, nemmeno la realtà più dura”, dice Dyiana che è stata abbandonata dalla madre quando era ancora piccolissima e che da allora non ha quasi più sentito. “Mio padre – aggiunge – vive in Italia con un’altra donna, con cui io non vado d’accordo. Non ci cerchiamo quasi mai, non abbiamo molto da dirci, e lo stesso vale per i miei fratelli e sorelle”. Dyiana arriva in Italia nove anni fa, dopo un lungo viaggio in bus, insieme alla nonna paterna che “oggi non c’è più” e, per questo motivo, ha chiesto di vivere in una casa-famiglia nell’entroterra laziale. Una vita fatta di scuola, “frequento un istituto professionale turistico”, di amicizie, di un fidanzato, di corsi di zumba, di musica reggae e di “oltre 1.000 amici” su Facebook, ma condita da un sogno, quello di “diventare educatrice, lavorare e avere una famiglia tutta per me dove vivere in armonia, senza litigi. Cose che non ho mai avuto”. “Ma non è facile – ammette – la crisi si fa sentire, lo vedo anche in giro. Tanti si lamentano che non arrivano a fine mese. I politici dovrebbero abbassare le tasse e lasciare più soldi alle famiglie, invece non fanno altro che aumentare i loro privilegi. I giovani sono a spasso e gli anziani al lavoro. Dovrebbe essere il contrario. Ma se nessuno investe su di me, devo farlo io in prima persona”. Disdegna la politica ma non l’impegno verso gli altri. Per i suoi progetti Dyiana sa di non poter contare sull’aiuto della famiglia, per questo costruisce, “giorno dopo giorno”, il suo sogno qui in Italia che definisce “il mio mondo. Qui ho tutto. Non tornerò più in Bulgaria”. “Non mi spaventa – aggiunge – fare dei sacrifici perché i miei sogni, i miei desideri di vivere una vita felice sono più importanti di ogni altra cosa. Non chiedo aiuto nemmeno a Dio. Sono una non credente, non mi interessa la religione. Non prego mai. I miei problemi – dice con voce ferma – li risolvo da me. Sono stata sola fino ad oggi e non mi preoccupa andare avanti così per realizzare i miei progetti”. Poco importa, allora, “se un giorno ho voglia di studiare, altri meno. So che devo farcela da sola”. Trovare un lavoro, avere una casa, “sfide quasi impossibili di questi tempi” e poi una famiglia e dei figli. “Si certo, forse uno, due… costa molto mantenerli – spiega – e, comunque, prima voglio fare cose che non ho mai fatto, come viaggiare. Vorrei andare in India, in Africa, a Cuba”.
Cinquemila euro, un patrimonio. Sono i soldi spesi dalla famiglia di Ahmed, per poterlo imbarcare, oltre nove mesi fa, su una carretta del mare e farlo arrivare in Italia, perché potesse studiare e trovare un lavoro. “Undici” lunghi giorni d’inferno con altre 150 persone, “tutti maschi più grandi di me”, “passati quasi per intero a piangere per paura di morire annegati, senza cibo a sufficienza, bevendo acqua marina, senza lavarsi” e senza le benché minime condizioni igieniche e di privacy. Partito da una zona rurale della capitale egiziana, il Cairo, Ahmed è l’investimento più importante per la sua famiglia, padre pastore, madre ad accudire la casa, una sorella sposata e un fratello, emigrato anche lui in Italia, al Nord, dove gestisce una frutteria. Una storia di riscatto, quella di Ahmed, che appena messo piede in Italia, fugge dalla casa-famiglia dove era stato subito trasferito per trovare suo fratello. Ahmed oggi studia, cerca d’imparare a scrivere e parlare bene l’italiano perché, racconta, “il sogno è quello di fare il pizzaiolo o gestire un negozio di frutta come mio fratello”. Il rischio, altrimenti, è quello di deludere “i miei genitori che su di me hanno creduto”. Come Dyiana, anche Ahmed, è consapevole delle difficoltà del momento presente, della crisi economica che rende tutto più complicato, ma sa di poter contare su qualcuno. “Sento i miei genitori quasi ogni giorno, e lo stesso faccio con mio fratello. Li rassicuro, li tranquillizzo. Tramite i social network scrivo ai miei amici in Egitto. Un giorno mi piacerebbe tornare, ma solo dopo aver trovato un lavoro che mi permetta di avere un alloggio e sposarmi, con una del mio Paese, musulmana come me”. Ahmed dice di pregare “abbastanza”, di “rispettare il Ramadan e le prescrizioni dell’Islam”. La religione è un aspetto importante della sua vita, perché “mi aiuta ad affrontare le difficoltà che incontro ogni giorno. L’Italia è un Paese ospitale ma c’è sempre qualcuno che ha da lamentarsi” per la presenza degli immigrati. Non sogna viaggi da fare Ahmed se non quello “del ritorno in Egitto per riabbracciare la famiglia”. Intanto si prepara studiando e aspettando questa estate quando, dice, “potrò aiutare mio fratello nel negozio”.