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“Ciao, Marco! Ti vedo impolverato – quasi urla don Roberto -, ma ti piace fare scuola così?

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di Alessandra Cecchin

Una vettura è sul ponte auto, tre ragazzi stanno abradendo la portiera di una Fiat, precedentemente stuccata. “Ciao, Marco! Ti vedo impolverato – quasi urla don Roberto -, ma ti piace fare scuola così?”. “Ovvio, don! Vengo da un’altra scuola, ma io non ce la facevo proprio a stare sempre sui libri: qui invece il tempo passa velocemente. E poi un amico di mio nonno mi ha detto che vuole tenermi con lui nella sua carrozzeria appena ho finito di studiare”. Siamo nel laboratorio di carrozzeria del Centro di formazione professionale (Cfp) di Fonte, la Fondazione Opera Monte Grappa, nel Trevigiano, uno dei più grandi Cfp del Veneto. Qui, ai piedi del monte Grappa, a due passi da Asolo, c’è una realtà di oltre 600 ragazzi che arrivano da una settantina di comuni di tre province: Treviso, Padova e Vicenza. A guidarla don Roberto Trevisan, 46 anni, fino a due anni fa parroco nel Veneziano, e oggi in prima linea nella scuola professionale d’ispirazione cattolica, “tra preoccupazioni e grandi soddisfazioni” confessa. Il Centro è un fiore all’occhiello dell’impegno educativo della Chiesa diocesana, che va dai licei del Collegio Pio X di Treviso alla formazione professionale dell’Opera Monte Grappa, passando per le quasi 200 scuole d’infanzia paritarie parrocchiali. Le auto parcheggiate in cortile, rotte, recuperate da demolizioni, ci dicono che stiamo entrando nei settori autoriparazioni ed elettrauto. L’officina è un brulicare di tute blu che si muovono, indaffarate e curiose. “Allora, prof. Giorgio Dal Nevo, è contento di questi ragazzi?”. “Sì, diciamo di sì: quando s’impegnano, è che a volte mi tocca anche richiamarli, ma mi danno delle belle soddisfazioni. Vede questo giovane qui? È tutto contento perché è riuscito a smontare e rimontare il motore e ad accenderlo. Per lui questo scoppiettare è un poco come una musica del suo Mp3”.
Maghi della domotica e artisti delle vetrine. I giovani imparano in laboratorio per almeno il 50% delle ore di scuola. In questo modo nei Cfp si recuperano allo studio anche quelle persone che hanno un’intelligenza vivace, ma che non amano stare seduti sui banchi, che vogliono costruire e scoprire. “Spesso sono i ragazzi che vediamo gironzolare per le strade dei paesi al pomeriggio – aggiunge un insegnante -, i pochi che ancora vanno in bici, quelli che non tieni fermi con niente, eppure, quando dai loro un motore, un tornio o una saldatrice sanno stupirti con effetti speciali”. Passando attraverso i termoidraulici e gli elettricisti domotici (questi ultimi stanno programmando al computer la loro centralina di automazione), ci portiamo dagli addetti alle vendite. “Ciao, Carola! Spiegami cosa stai facendo” chiede don Roberto, la nostra guida. “Con la prof. Maria Teresa Tonietto stiamo allestendo una vetrina vintage. Ci sta insegnando una serie di accorgimenti per valorizzare con poche cose di basso costo un nostro prodotto, e come attirare l’attenzione. Dopo, alla terza ora, abbiamo Contabilità. Non che mi piaccia molto… però per gestire un negozio è necessaria. Bolle, fatture, consegne, se un giorno sbagliamo queste cose ci chiudono il negozio”.
Un corso su richiesta delle imprese. Salutiamo i ragazzi della nuova prima classe di addetti al turismo locale, attivata di concerto con le richieste dell’artigianato locale, che domandava una qualifica per la promozione del territorio pedemontano: stanno studiando la storia e le vicende legate al Monte Grappa, sul quale si sta intensificando attualmente il fenomeno della discesa in deltaplano… Ci addentriamo nell’area della formazione personalizzata: otto piccole classi costituite da ragazzi con qualche certificazione. Alcuni stanno costruendo un cancello, altri un carrello porta strumenti: lavorano sulla fresa, con la saldatrice… Ragazzi che alle medie avevano l’insegnante di sostegno! E in laboratorio sono creativi e disponibili a imparare. “Una volta ho chiamato uno psicoterapeuta perché visitasse le classi e potesse dare agli insegnanti dei consigli sulla gestione dei ragazzi più difficili – racconta don Roberto -. Ha detto di esserne uscito edificato. Si è compiaciuto per lo stile dei docenti, e per il loro approccio con i ragazzi. Ne sono fiero, anche perché la nostra è una scuola cattolica, e il valore della persona è prioritario per noi”.
Quattro parole chiave. E se dovessimo descrivere il Cfp con alcune parole chiave? “Prima di tutto inclusione – sottolinea don Roberto -, perché integra tutti, italiani e stranieri (sono 26 le nazionalità presenti qui a Fonte), cattolici, evangelici, ortodossi e musulmani, svantaggiati e ragazzi geniali; e poi professionalità: s’insegna un lavoro, che oltretutto i giovani qui trovano prestissimo; la terza parola è educazione: sana, fondata sull’antropologia cristiana, dove i valori sono il rispetto uomo/donna, l’amore per la vita, il lavoro e la responsabilità sociale); infine, direi la prevenzione del disagio e della dispersione scolastica, un po’ come faceva Gesù: anche chi ha fallito da altre parti, anche chi vive in una comunità, sa che questa è casa sua, da qui si riparte per farsi una vita nuova, dignitosa e appagante”. Proprio in questi giorni il Centro di Fonte, insieme agli altri Istituti superiori del territorio ha siglato un accordo con la Regione del Veneto per progetti che possano usufruire dei fondi europei per l’inclusione sociale.
Lo vollero venti parroci. I Cfp, insomma, sono ciò che sono perché alle spalle hanno avuto delle figure ispirate la cui eredità è stata raccolta e sviluppata nel tempo. Nel territorio asolano furono una ventina di parroci, trainati da don Erasmo Pilla all’inizio degli anni Cinquanta a volere una scuola che preparasse bravi tecnici e artigiani che furono poi protagonisti della nascita di tante imprese e della crescita economica del territorio. E lo stesso si può dire delle realtà salesiane diffuse in tutto il Veneto, dei centri dell’Opera don Orione, dei Giuseppini del Murialdo: c’è l’impegno e l’investimento educativo ed economico della Chiesa dietro l’87% dei Cfp del Veneto, e questo fa lo spessore umano e la qualità alta di un insegnamento che, a giudicare dalle iscrizioni, non conosce crisi.