Di Daniele Rocchi
“Una notizia brutta. Un fatto che non si può commentare. Hanno ucciso un uomo che si è sempre distinto per il suo amore e l’attaccamento al popolo siriano e a questo Paese”. Così l’arcivescovo greco-melkita di Aleppo, monsignor Jean-Clement Jeanbart, commenta al Sir l’assassinio, oggi ad Homs, del padre gesuita olandese Frans Van der Lugt. Il gesuita, secondo quanto riferito da alcuni confratelli è stato prelevato, percosso e poi freddato con due colpi alla testa, davanti alla sua residenza, nel quartiere di Basatin al Diwan. “È sempre stato in buoni rapporti con gli oppositori e – aggiunge il presule – sembra che avesse cercato di trovare una soluzione al problema dell’assedio della città e della comunità che vive nella parte antica. Perché lo abbiano ucciso è difficile comprenderlo. Ma qui in Siria sono tante le cose che non si comprendono, oramai”. La Siria sembra scomparsa dalle pagine dei giornali e notizie come quelle della morte di un religioso gettano ulteriori ombre sul dramma che dura da tre anni. “Probabilmente vogliono che sia così in modo da ottenere l’obiettivo di distruggere la Siria – afferma l’arcivescovo – e spero che non accada. Se ciò si verificasse effetti e conseguenze si vedranno in Giordania, in Libano, in tutta la Regione che diventerà un deserto che circonderà quelle nazioni che oggi hanno interessi a dominare il nostro Paese”.
Nel silenzio della comunità internazionale in Siria si continua a morire, come a Homs, ad Aleppo…
“Qui da noi la situazione è tesissima. Si combatte duramente, sentiamo bombardamenti nelle zone più periferiche della città. In un certo senso siamo sotto assedio, in mezzo ai combattenti delle due parti. A livello umanitario cerchiamo di aiutare per quanto è nelle nostre possibilità. Rispetto a tre mesi fa, bisogna dire, riusciamo ad approvvigionarci con un po’ più di facilità ma i prezzi sono davvero alti. La mancanza di lavoro rende tutto difficile per le persone, le famiglie, i bambini”.
Organismi come Unicef, Save the Children, Medici senza Frontiere hanno denunciato le enormi sofferenze dei bambini siriani molti dei quali presentano gravi disagi fisici e mentali. Con una gioventù così martoriata che futuro si può pensare per la Siria?
“Siamo molto preoccupati. A soffrire non sono solo i più piccoli, ma anche i giovani sui quali si appuntano le speranze di ogni Paese. Sono traumatizzati da questo conflitto ed è difficile prevedere come ne usciranno. Circa il futuro della Siria io temo che ci siano delle fazioni e dei Paesi che vogliono che la guerra si protragga a lungo in modo da disintegrare la nazione ed il suo popolo. Davanti a cifre come quelle dei morti, dei rifugiati e degli sfollati che altro pensare? Stanno distruggendo la Siria per trarre profitto, pensiamo, per esempio al commercio di armi più volte condannato da Papa Francesco…”
Ma ci sarebbe anche il business della ricostruzione…
“Distruzione chiama ricostruzione. Ma a che prezzo per il popolo? Saranno davvero capaci di combattere per portare distruzione ovunque, come è stato fatto in Iraq o in Libia? Sarebbe inaccettabile e inumano”.
Ricostruire materialmente la Siria forse sarà più facile che rimetterla in piedi a livello sociale, spirituale e morale. Crede che le religioni, oggi detonatori di conflitti settari, tra sciiti e sunniti e con i cristiani a pagare il loro tributo di sangue, potranno diventare ponti di riconciliazione?
“Non potranno, dovranno. Se la Siria non uscirà disintegrata da questo conflitto credo che tutte le componenti religiose del Paese avranno i motivi per aiutare la ricostruzione civile e spirituale del Paese, allontanando lo spettro del fondamentalismo e dell’estremismo religioso. Questa guerra allora potrebbe insegnarci ad andare oltre le divisioni e i particolarismi”.
Il 2014 si dice sia l’anno delle elezioni politiche. In questo clima di guerra come è possibile pensare a un voto regolare e privo di brogli?
“Il Governo appare deciso ad organizzare le elezioni. La comunità internazionale dovrebbe farsi garante della regolarità del voto ma credo sarà difficile. I media parlano di elezioni nei prossimi mesi e si dice anche che il presidente Assad si presenterà di nuovo. Ma qui in Siria i cambiamenti sono dietro l’angolo, quindi aspetterei a parlare”.
A maggio Papa Francesco sarà in Terra Santa, cosa si attende da questo viaggio?
“Spero che il Papa possa portare una ventata di pace come fece per la Siria quando promosse la giornata di digiuno, lo scorso settembre. E fu un miracolo. Spero si ripeta anche per la Palestina e per il conflitto israelo-palestinese. A beneficiarne sarebbe tutto il Medio Oriente”.
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