Di Luigi Crimella

Con terminologia calcistica la situazione della campagna “Uno di Noi”, dopo l’audizione pubblica al Parlamento europeo di giovedì 10 aprile, è la seguente: i giochi (preliminari) sono stati fatti, e fatti bene. Sono state raccolte 1.721.509 firme valide nei 28 Paesi europei. La Commissione europea ha recepito tali firme e preso atto che un numero consistente di cittadini, di tutti i Paesi, di diverse religioni, di vari mondi culturali, concordano nel chiedere che si ponga fine al finanziamento d’iniziative di ricerca medica e scientifica che prevedano la manipolazione e distruzione dell’embrione umano; parimenti che non si finanzino iniziative di aiuto allo sviluppo che contemplino analoga distruzione di embrioni umani tra le popolazioni “aiutate”. Soprattutto, si chiede che l’Europa riconosca la piena dignità dell’embrione in quanto tale, tutelandolo adeguatamente ad ogni livello a partire da quello sanitario.

Il fronte no-embrione è già in campo. Sarebbe troppo bello per essere vero, se tutte queste cose potessero avvenire come per incanto, visto il successo di “Uno di Noi”. Ma purtroppo non sarà così. Se ne è avuto sentore diretto proprio durante le quattro ore di audizione pubblica a Bruxelles, dove in una delle aule del Parlamento sono confluiti oltre 200 esponenti di “Uno di Noi” da ogni parte del continente. Ma insieme a loro c’erano, agguerriti, rumorosi, e con cartelli inneggianti all’aborto libero da noi e nei Paesi in via di sviluppo, e contro ogni limitazione alla ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali, decine di “avversari” di “Uno di Noi”. Il fronte laicista evidentemente ha colto la portata rivoluzionaria di questa iniziativa europea, ha compreso il grande valore simbolico e ideale che ha unito cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei e semplici cittadini senza particolari appartenenze attorno al tema della vita nascente e della sua “non manipolabilità”. Si è quindi organizzato, è sceso in campo appoggiato da parlamentari che hanno respinto l’invito di loro colleghi pro-embrione a riflettere insieme su come tutelarlo, riconoscendone la dignità sul piano giuridico e legislativo.

Cosa si finanzia dietro la “salute riproduttiva”. 
A sottolineare come le questioni etiche oggi posseggano una forte valenza politica, lo stesso rappresentante europeo di “Uno di Noi”, Patrick Gregor Puppinck, ha parlato nel suo intervento di una “pubblica testimonianza del valore della vita umana” confidando “nel carattere democratico delle istituzioni europee”. In linea teorica non dovrebbe essercene bisogno, visto il principio di libertà su cui si fonda il contesto comunitario, ma così non è stato da parte di esponenti del fronte laicista, che nei loro interventi, con accenti aspri e toni denigratori verso i firmatari di “Uno di Noi”, hanno parlato del “peggior oscurantismo” di matrice cattolica, o di visione retrograda che vuole negare il diritto alla donna all’autodeterminazione. Ma in gioco – ha notato il parlamentare e presidente del Movimento per la vita italiano Carlo Casini – “non c’è una contrapposizione tra la madre e il bambino, ma semplicemente il riconoscimento da parte delle istituzioni che l’embrione è un essere umano, un cittadino potenziale a pieno titolo e come tale va trattato, rispettato e protetto”. Interessante e “stroncante” per i sostenitori dei finanziamenti allo sviluppo con piani di “salute riproduttiva”, l’intervento di Sophia Kuby, responsabile di “European Dignity Watch”. Nel suo discorso ha passato in rassegna parte dei conti dell’Europa che finanzia le campagne per la “salute riproduttiva”, e ha citato alcuni enti e Ong le quali ammettono nei loro rapporti di avere avuto finanziamenti europei usati per interventi che solo per pudore non sono stati chiamati col loro nome di aborti, o sterilizzazioni o altri accorgimenti anti-natalistici.

Ibridi genetici, figli di più genitori. 
Tornando al linguaggio calcistico iniziale, dopo questa audizione pubblica, “la palla passa al futuro Parlamento”. Le elezioni europee ormai imminenti escludono ogni possibilità che qualcosa succeda da qui a maggio prossimo. Potrebbe esprimersi la Commissione esecutiva, teoricamente avrebbe tempo entro il 28 maggio, ma anch’essa è in scadenza entro l’autunno. E quindi non è detto che lo faccia. Il nuovo Parlamento avrà quindi in eredità i risultati di una sorta di referendum popolare che ha fornito l’indicazione precisa di una volontà popolare diffusa. L’hanno testimoniata i diversi parlamentari intervenuti, che hanno ribadito chiaramente che l’embrione non è un “oggetto” manipolabile a piacimento. Del resto i motivi di allarme sono numerosi: Josephine Quintavalle, esponente di “Uno di Noi” della Gran Bretagna, ha dichiarato al Sir la sua “grande preoccupazione per quanto sta avvenendo nel Regno Unito. Si sta per approvare una legge che permetterebbe la creazione di embrioni con più di due genitori, portando cioè materiale genetico da una persona in più. Purtroppo coinvolgere gli inglesi e fargli capire l’importanza di ‘Uno di Noi’ è stato molto difficile!”. La preoccupazione per questi futuri sudditi “ibridi” di Sua Maestà la Regina, in realtà, si dovrebbe estendere a tutti i popoli europei, perché la piega culturale ed etica su queste materie è tutt’altro che rassicurante un po’ dovunque, Italia compresa.

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