Di Paolo Bustaffa
Non c’è ormai giorno senza notizie di abusi sessuali su minorenni. Un affiorare sconcertante di violenze. L’ interminabile elenco di fatti tristissimi provoca continuo sgomento. Non c’è assuefazione ed esplodono le domande sul perché ancora si arrivi a ferite e umiliazioni così devastanti di persone indifese quali sono i piccoli.
Perché succede tutto questo in una società civile? Come può un adulto franare in questo abisso di disumanità? Come possono correre sui siti internet aberranti tentativi di giustificazione affermando che non si tratta di abusi? Quale abuso di se stesso precede in chi lo commette l’abuso sessuale su minorenni? Non è forse lo sfascio della propria dignità che precede e provoca lo sfascio della dignità altrui?
Sono alcune delle domande che nascono di fronte a una cronaca nera che i media doverosamente mettono in pagina, in video e in rete. Anche se non sempre con il doveroso rispetto delle regole etiche poste a tutela soprattutto delle vittime.
Le risposte del codice penale non mancano e anche arrivano nuove misure preventive come il certificato penale antipedofilia. Non dovrà mai mancare la loro corretta e concreta applicazione in un quadro che tenga conto dei soggetti che si occupano di minori.
Le domande si spingono ancor più in profondità, arrivano alla porta della coscienza ed entrano nei campi dell’educazione e della comunicazione.
E qui non bastano le parole e le intenzioni Non basta neppure dichiarare un passato migliore, non serve piangere su un presente doloroso e non è segno di responsabilità prevedere un futuro peggiore.
Questa è una strada a fondo cieco, non è una risposta alle domande che scoppiano prepotenti di fronte alla catena degli abusi sessuali sui minorenni.
Il primo abuso è la negazione del significato e del valore dell’essere persona.
Il venir meno del riconoscimento della dignità e dei diritti della persona, dai primi agli ultimi battiti della vita, indica un’eclissi della coscienza che ha come gravissima conseguenza il non distinguere il bene dal male e il ritenere che non esista peccato o reato nel consumare un minore come “carne fresca”.
La “giustificazione” che il minore abusato fosse consenziente – c’è chi la porta a propria discolpa – pesa come un ulteriore macigno su chi non può e non deve ignorare la fragilità di una persona in formazione.
Tornano le domande inziali: perché tutto questo e perché tutto questo in una società civile come è la nostra?
I media non hanno risposte da offrire anche se non dovrebbero ridurre il loro compito alla cronaca nera a cui bordi queste domande esplodono.
Le ferite profonde non si rimarginano facilmente, il più delle volte rimangono per sempre. Non deve certamente mancare l’aiuto perché esse non portino allo svuotamento di una vita ma non deve neppure mancare un’opera educativa e formativa perché questi sfregi non si ripetano. Alle vittime di ieri e di oggi non se ne aggiungano altre, ai distruttori della propria e altrui dignità non se ne aggiungano altri.
Ognuno deve fare la sua parte per prevenire e fermare questa lacerazione nella vita dei piccoli.
La comunità cristiana, in alcuni casi ferita e offesa da questo male, non si sottrae a questo compito come testimoniano gli oratori, le associazioni educative, le parrocchie e i forum delle famiglie.
La tenerezza che Francesco richiama nei suoi interventi va oltre una carezza: diventa un richiamo alla responsabilità educativa degli adulti. Richiamano anche quel macigno che devono legarsi ai piedi quanti hanno ferito e feriscono i piccoli. Macigno che, afferma sempre il Papa, solo la misericordia di Dio può slegare.
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