“Nella Croce vediamo la mostruosità dell’uomo quando si lascia guidare dal male e dal peccato, ma vediamo anche l’immensità della misericordia di Dio che non ci tratta secondo i nostri peccati, ma secondo la sua misericordia”. Si è conclusa con una meditazione fuori programma, durata circa cinque minuti, la seconda Via Crucis di Papa Francesco. A cinquant’anni dalla prima Via Crucis al Colosseo, celebrata da Paolo VI nel 1964, e a pochi giorni dalla canonizzazione di altri due papi – Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II – il Santo Padre ha seguito il Calvario di Gesù dal terrazzo del Palatino, in un clima di silenzio e raccoglimento. Poco prima dell’ultima stazione, era talmente assorto nella preghiera che monsignor Guido Marini, il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, ha dovuto sussurrargli all’orecchio di alzarsi in piedi per accogliere l’arrivo della Croce al termine del suo percorso. Il Papa è arrivato poco dopo le 21 e ha salutato brevemente il sindaco di Roma, Ignazio Marino. La Via Crucis è iniziata alle 21.15, in diretta mondovisione – per la prima volta trasmessa anche a Cuba – e alle 22.35 il Pontefice è salito a bordo della Focus blu congedandosi dalle migliaia di persone di ogni età e provenienza che con i loro “flambeaux” – in un gioco di controcanto con le fiammelle che hanno acceso la grande Croce sullo sfondo dell’anfiteatro Flavio – hanno illuminato l’area compresa tra il Colosseo e il Palatino. Dopo quella dell’anno scorso, dedicata al Medio Oriente, la Via Crucis di quest’anno ha fatto di Roma il centro delle “croci” disseminate nella nostra Penisola, conseguenze drammatiche della crisi: ad evocarle, tramite la voce dell’attrice Virna Lisi, è stato monsignor Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano, che ha scelto la forma tradizionale delle quattordici stazioni, con tre cadute. A portare la Croce, affidata nella prima e nell’ultima stazione al vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma cardinale Agostino Vallini, sono state circa trenta persone: tra di loro operai, imprenditori, disoccupati, bambini, famiglie, malati, operatori del mondo del carcere e delle comunità di recupero, persone senza fissa dimora.
Il peso della crisi, con le sue “gravi conseguenze sociali”. Già nella seconda Stazione, le sentiamo tutte: “precarietà, disoccupazione, licenziamenti, un denaro che governa invece di servire, la speculazione finanziaria, i suicidi degli imprenditori, la corruzione e l’usura, con le aziende che lasciano il proprio paese”. A portare, la croce, insieme, sono ora un operaio e un imprenditore. Perché si deve cercare di uscire insieme dai problemi, anche recuperando “la stima per la politica”.
Sguardo solidale. Come quello di Maria. “L’amore materno supera ogni ostacolo e sa aprire ogni strada”. Monsignor Bregantini ha voluto dedicare la quarta stazione alle madri della “Terra dei fuochi”, che hanno perso i loro figli ha causa dei tumori prodotti dagli incendi dei rifiuti tossici. Ma cita anche altri figli perduti: i bambini-soldato, le vittime del sabato sera, i giovani “travolti dalla precarietà”.
Le persone senza fissa dimora come cirenei. Sono loro a portare la Croce nella quinta stazione. Uomini “di fatica”, come Simone, che poi diventano padri in grado di imprimere nel cuore dei loro figli la forza, contagiosa, della Croce di Gesù. È la relazione con gli altri che ci salva, come nei tanti gesti del volontariato: “una notte in ospedale, un prestito senza interessi, una lacrima asciugata in famiglia, la condivisione del pane e del lavoro”.
I detenuti di ogni carcere. Quando è il loro turno, il Papa ha il capo chinato e il viso tra le mani: l’”amara esperienza” del carcere, il sovraffollamento come “dolore aggravato”, la tortura ancora diffusa in troppe parti della terra. Ci vuole un riscatto dal basso, un sussulto di tutta la società civile, che “fa sue le tante ingiustizie dentro le mura di un carcere”.
Donne dono inviolabile. “Piangiamo su quegli uomini che scaricano sulle donne la violenza che hanno dentro. Piangiamo sulle donne schiavizzate dalla paura e dallo sfruttamento”. Ma non basta battersi il petto: “Le donne vanno amate come un dono inviolabile per tutta l’umanità”.
Figli, non cose o oggetti. “Dio – ha detto il Papa nella meditazione finale – ha messo sulla Croce di Gesù tutto il peso dei nostri peccati, tutte le ingiustizie perpetrate da ogni Caino contro suo fratello, tutta l’amarezza del tradimento di Giuda e di Pietro, tutta la vanità dei prepotenti, tutta l’arroganza dei falsi amici. Era una Croce pesante, come la notte delle persone abbandonate, pesante come la morte delle persone care, pesante perché riassume tutte le brutture del male”. “Tuttavia – ha proseguito – è anche una Croce gloriosa come l’alba di una notte lunga, perché raffigura in tutto l’amore di Dio che è più grande delle nostre iniquità e dei nostri tradimenti.
Citando una preghiera di san Gregorio Nazianzieno, Papa Francesco ha detto: Se non fossi Tu, o Cristo mio, mi sentirei creatura finita”. E ancora: “Di fronte alla Croce di Gesù, vediamo quasi fino a toccare con le mani quanto siamo amati eternamente; ci sentiamo ‘figli’ e non ‘cose’ o oggetti. “O nostro Gesù, guidaci dalla Croce alla Resurrezione e insegnaci che il male non avrà l’ultima parola, ma l’amore, la misericordia, il perdono”, ha esclamato Francesco che poi ha concluso: “Aiutaci a esclamare nuovamente: ieri ero crocifisso con Cristo, oggi sono glorificato con Lui. Ieri ero morto con Lui, oggi sono vivo con Lui. Ieri ero sepolto con Lui, oggi sono risuscitato con Lui’. Infine, “tutti insieme ricordiamo i malati, ricordiamo tutte le persone abbandonate sotto il peso della Croce, affinché trovino nella prova della Croce la forza della speranza, della speranza della Resurrezione e dell’amore di Dio”. Dopo le parole di Francesco, un “Viva il Papa!” gridato in solitaria con entusiasmo ha dato il via all’applauso della folla, che poi a più riprese lo ha chiamato per nome.