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Volontari come germogli

Di Andrea Casavecchia

Sono oltre 4 milioni e 700mila i volontari in Italia: un esercito di persone che donano una parte del loro tempo, delle loro forze e delle loro abilità agli altri. Scopriamo che nella società consumistica e narcisista, come la descrivono gli esperti, tanti cittadini offrono gesti preziosi, gratuiti, forse semplici e umili.
Tuttavia il loro impegno è fondamentale, in quanto nelle loro attività di servizio non solo rispondono a un bisogno concreto diretto, ma nel loro compiersi queste associazioni oltrepassano l’obiettivo specifico per cui sono nate, perché intessono reti e legami tra le persone, perché costruiscono una comunità solidale. L’ultimo censimento dell’Istat sulle istituzioni non profit ci dice che si impegnano in vari settori: dall’assistenza sociale alla sanità, dalla cultura allo sport, dalle attività di rappresentanza sindacale a quelle ricreative.
Il volontariato è una attività generativa che coltiva piccoli germogli capaci d’interrogare la società dei consumi e ci accorgiamo che queste piantine sono disseminate in vari ambiti.
Le stime elaborate dall’Istat c’illustrano poi tre importanti caratteristiche.
La prima ci indica che donarsi è per tutti. Il volontariato è praticato da uomini e donne di ogni età, anche se ripartito in modo diverso: il 43,2% ha tra i 30 e i 54 anni, il 22% tra i 55 e i 64 anni, il 20% meno di 29 anni e il 14,8% sopra i 64 anni. Sono gli adulti, quindi, a giocare il ruolo più forte.
Le altre due caratteristiche, invece, ci mostrano quali sono alcuni facilitatori dell’attività.
Nella lettura dei dati scopriamo, infatti, che i volontari per essere liberi di esercitare la loro azione hanno bisogno di essere economicamente autosufficienti. Infatti il 55,4% sono occupati e il 27,8% pensionati. Se ne deduce che il lavoro è indispensabile al volontariato perché sono i cittadini con una condizione professionale stabile e definita a poter dedicarsi agli altri.
Poi il censimento rileva che è più facile trovare volontari tra quelli che hanno un livello d’istruzione medio alto: il 50% ha conseguito il diploma superiore e un altro 20% è laureato. Quindi, l’azione di gratuità è anche correlata al grado culturale che una comunità ha raggiunto.
Ne ricaviamo allora che cultura e lavoro sono elementi che alimentano una società capace di promuovere la solidarietà e la gratuità tra i suoi cittadini. Non si tratta solo di alimentare l’altruismo, la dimensione del dono e della reciprocità sono essenziali per trasformare la nostra società, perché contaminano. Se vorremo veder crescere il numero di quei 4 milioni e 700mila cittadini, investire in questi due elementi sarà fondamentale.
Per superare la società consumistica e narcisista, come scrivono in “Generativi di tutto il mondo unitevi!” Mauro Magatti e Chiara Giaccardi, “occorre passare dalla cultura dell’eccesso – avere sempre di più, andare sempre più forte – alla cultura dell’eccedenza – aspirare a un di più di vita, a un di più di pienezza”.

Categories: Società
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