Foto di repertorio
Di Salvatore Cernunzio da Zenit
È iniziata con una leggera pioggerella la solenne cerimonia per la Canonizzazione dei due Papi Santi, Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, in questa domenica che proprio il Papa polacco volle intitolare alla Divina Misericordia. Il primo momento è stata la processione dei cardinali concelebranti, accompagnata dal sottofondo delle Litanie dei Santi intonati dal Coro della Cappella Sistina. In coda Benedetto XVI sedutosi poi accanto ai porporati, accolto dai fedeli con un vivo applauso al suo ingresso alle 9.30. Un’ovazione ancora più fragorosa si è sentita poco dopo quando Papa Francesco si è recato a salutarlo e abbracciarlo.
Il Papa emerito ha ricevuto inoltre un’affettuosa stretta di mano da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, alla Messa insieme alla moglie Clio. Presenti tra le autorità anche i presidenti di Camera e Senato Boldrini e Grasso, il premier Renzi con la moglie Agnese e il sindaco di Roma Ingazio Marino.
La celebrazione ha preso il via alle 10 in punto con il momento delle tre petizioni in latino con cui il prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, il cardinale Angelo Amato, ha “chiesto” al Papa la canonizzazione dei due Pontefici. Francesco ha risposto leggendo, in latino, la solenne formula, con cui ha elevato agli onori degli altari i due Papi.
“Ad onore della Santissima Trinità – recita la formula pronunciata dal Pontefice alle 10.15 – per l’esaltazione della fede cattolica e l’incremento della vita cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver lungamente riflettuto, invocato più volte l’aiuto divino e ascoltato il parere di molti Nostri Fratelli nell’Episcopato, dichiariamo e definiamo Santi i Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II e li iscriviamo nell’Albo dei Santi e stabiliamo che in tutta la Chiesa essi siano devotamente onorati tra i Santi. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.
L’emozione, fino a quel momento trattenuta in un silenzio reverente, teso e commosso, è sfociata in un applauso gioioso che ha coinvolto l’intera piazza San Pietro e probabilmente tutto il mondo che sta seguendo la cerimonia attraverso i media.
Ancora più emozionante poi la processione delle reliquie dei due nuovi Santi fino al palchetto al fianco dell’altare. Floribeth Mora Diaz trasportava in lacrime quella contenente il sangue di Wojtyla, sostenuta dal braccio dal marito Edwin; il sindaco di Bergamo, i nipoti, don Ezio Bolis, presidente della Fondazione Giovanni XXIII, il reliquiario di Roncalli contenente un frammento della pelle del Papa buono raccolto in occasione della riesumazione della salma per la beatificazione nel 2000.
La celebrazione è ripresa dal Canto del Gloria. Come in tutte le grandi feste, il Vangelo è stato proclamato in greco e latino.
Le parole di Papa Francesco nell’omelia erano intrise di devozione e riconoscenza verso i due Predecessori. La riflessione di Bergoglio si è incentrata sulle “piaghe gloriose di Gesù risorto”, tema centrale nella Domenica della Divina Misericordia.
Quelle stesse piaghe che Gesù mostrò ai suoi discepoli la prima volta in cui apparve. Quelle ferite che sono “scandalo per la fede” – dice il Papa – ma al tempo stesso “verifica della fede”. “Nel corpo di Cristo risorto le piaghe non scompaiono, rimangono”, perché esse sono “il segno permanente dell’amore di Dio per noi e sono indispensabili per credere in Dio” e per credere che Egli sia “amore, misericordia, fedeltà”.
I due Papi Santi – sottolinea Francesco – “hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto. Non hanno avuto vergogna della carne di Cristo, non si sono scandalizzati di Lui, della sua croce; non hanno avuto vergogna della carne del fratello”. Perché “in ogni persona sofferente”, loro hanno visto Gesù Cristo. In tal senso, Bergoglio li definisce “due uomini coraggiosi, pieni della parresia dello Spirito Santo”, che “hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia”.
San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II, prosegue il Pontefice, “sono stati sacerdoti, vescovi e papi del XX secolo”, di cui ne hanno conosciuto “le tragedie” senza però esserne “sopraffatti”. Perché “più forte, in loro, era Dio; più forte era la fede in Gesù Cristo Redentore dell’uomo e Signore della storia; più forte in loro – ribadisce il Papa – era la misericordia di Dio che si manifesta in queste cinque piaghe; più forte era la vicinanza materna di Maria”.
Due uomini “contemplativi delle piaghe di Cristo”, dunque, ricolmi di quella “speranza e gioia che Cristo risorto dà ai suoi discepoli, e delle quali nulla e nessuno può privarli”. Ovvero “la speranza e la gioia pasquali, passate attraverso il crogiolo della spogliazione, dello svuotamento, della vicinanza ai peccatori fino all’estremo, fino alla nausea per l’amarezza di quel calice”. Una speranza e un gioia che i due Papi “hanno ricevuto in dono” dal Signore e che a loro volta “hanno donato in abbondanza al Popolo di Dio, ricevendone eterna riconoscenza”.
Erano questi i sentimenti che “si respiravano nella prima comunità dei credenti, a Gerusalemme”, ricorda Francesco: una comunità “in cui si vive l’essenziale del Vangelo, vale a dire l’amore, la misericordia, in semplicità e fraternità”.
Un’immagine di Chiesa che i due Pontefici hanno mantenuto fissa nella mente, e “hanno collaborato con lo Spirito Santo per ripristinare e aggiornare la Chiesa secondo la sua fisionomia originaria”.
In particolare, Giovanni XXIII, nella convocazione del Concilio, “ha dimostrato una delicata docilità allo Spirito Santo, si è lasciato condurre” ed è stato per la Chiesa “una guida-guidata dallo Spirito”. Roncalli è stato “il Papa della docilità allo Spirito”; laddove Wojtyla è stato “il Papa della famiglia”, come lui stesso, una volta, disse che avrebbe voluto essere ricordato. “Mi piace sottolinearlo mentre stiamo vivendo un cammino sinodale sulla famiglia e con le famiglie, un cammino che sicuramente dal Cielo lui accompagna e sostiene”, afferma quasi commosso Francesco.
E conclude l’omelia di questa celebrazione tanto attesa con l’auspicio che “entrambi questi nuovi Santi Pastori del Popolo di Dio intercedano per la Chiesa affinché, durante questi due anni di cammino sinodale, sia docile allo Spirito Santo nel servizio pastorale alla famiglia”. “Che entrambi – conclude – ci insegnino a non scandalizzarci delle piaghe di Cristo, ad addentrarci nel mistero della misericordia divina che sempre spera, sempre perdona, perché sempre ama”.
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