PORTO D’ASCOLI – Pubblichiamo le parole di Don Gianni Croci pronunciate durante la Santa Messa in occasione della Festa all’Agraria di ieri 1 Maggio.
“Papa Francesco lo scorso autunno nell’incontro con i lavoratori della Sardegna ha detto: “Signore Gesù, a te non mancò il lavoro, dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro e benedici tutti noi!”
Il Vangelo che abbiamo ascoltato racconta che la gente del suo paese diceva di Gesù: “Non è costui il figlio del falegname?”
Questo ci fa dedurre che alla famiglia di Gesù non mancava il lavoro e, probabilmente anche il Figlio di Dio, avrà aiutato Giuseppe nella sua bottega e magari avrà avuto qualche callo sulle mani.
Certamente oggi viviamo situazioni diverse: molti non hanno lavoro, tante famiglie non riescono ad assicurare una vita dignitosa ai figli e certi lavori non vengono svolti perché disprezzati.
E’ importante allora in questa del primo maggio fermarci a riflettere e viverla non come una giornata di lotta contro qualcuno, ma a favore della dignità di tutti, per la giustizia, per il superamento della tragedia crescente di questa crisi.
Questo lottare, per noi cristiani si fa anche invocazione, ma per tutti deve diventare impegno. Nessuno, oggi, in questo momento, può tirarsi indietro. Il che significa, prima di ogni altra cosa, non dimenticare le indicazioni di San Paolo, che abbiamo ascoltato nella prima lettura: “sopra tutte queste cose rivestitevi della carità”.
Non possiamo accettare un’economia che crea sistemi ingiusti, dove spesso il denaro governa invece di servire! Quel denaro che tende ad escludere e non ad includere.
Davvero acuta è la riflessione di papa Francesco nella Evangelii gaudium che a proposito della mancanza del lavoro, andando ben oltre le tradizionali analisi di natura marxista, così descrive l’attuale situazione di aperta ingiustizia: “non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati”, ma rifiutati, “avanzi!”(53)
Di fronte alla crisi dobbiamo avere il coraggio di ricentrare ogni scelta sulla dignità dell’uomo, di ogni uomo, perché nessuno venga considerato uno ‘scarto’. Non ci si può chiudere, occorre combattere in particolar modo il pericolosissimo morbo che è l’individualismo, per re-imparare la condivisione, lo stare vicino, la capacità di aiutarci. Dobbiamo avere il coraggio di mettere da parte il nostro ”io”, che continuamente vuole emergere, per riscoprire il “Noi”, riscoprirci come popolo che vuole andare avanti, che nella precarietà non perde, anzi ritrova la speranza.
Tutto questo è riscontrabile anche nella fatica, che mi pare di percepire, di organizzare un momento di festa per il quartiere come quello di oggi.
Ma praticamente quali vie sono percorribili?
Leggendo il documento dei Vescovi per la pastorale sociale e del lavoro mi sembra che si possono individuare tre piste.
La formazione. Tanti giovani, e non solo giovani, anche nella nostra parrocchia, passano giornate nella ricerca sfibrante e deludente di un’occupazione. Non è più possibile cercare la soluzione nelle scorciatoie clientelari o sbrigative. Forse è ora di mettere da parte la ricerca della ‘raccomandazione’: non si deve chiedere per piacere ciò che spetta per diritto! Bisogna puntare sulla qualità, sull’innovazione e sulla formazione. La crisi attuale non è povertà di mezzi ma carenza di fini! Occorre ripensare e riqualificare la scuola, costruire alleanze educative per promuovere la cultura, per formare le nuove generazioni… non ci si può ridurre a costruire solo campi di calcio per i ragazzi, ne tantomeno a nascondere i problemi dietro le solite evasioni ed alienazioni dei fini settimana. E’ tempo, soprattutto per i giovani di non piangersi addosso, di non pensare alla vita come una corsa dietro ad un pallone o di vincere la noia con lo sballo del fine settimana! Occorre studiare, lottare, formarsi! E a tal proposito forse è arrivato il tempo di dare reale opportunità ai giovani di frequentare l’università, che sta diventando sempre più una possibilità per i ricchi e per chi ha la fortuna di azzeccare dei quiz! Queste università a numero chiuso mi sembrano solo un modo per tarpare le ali e distruggere i sogni di tanti giovani! Perché non permettere di laurearsi in medicina e poi magari lavorare i campi? Riscopriamo il motto di don Lorenzo Milani : “I Care”, mi interessa, mi sta a cuore. Non si può stare a guardare la storia dietro uno schermo, ripetendo le lamentele che ci mettono in bocca i soliti politici: caliamoci dentro questa storia, che tra l’altro non è solo tremenda, ma anche meravigliosa e studiamo, lottiamo, impegniamoci per renderla ogni giorno più umana.
Ma non basta formarsi e formare. Occorre avere il coraggio di rischiare, di investire. Scrivono i Vescovi: “ Intraprendere è il verbo che dovrebbe uscire dalle nostre comunità cristiane, dalle nostre parrocchie. Non tenere i denari alla posta o in banca. Ma investirli, guardare avanti, mettercela tutta, perché quei pochi soldi che oggi abbiamo non restino ammuffiti nella buca sottoterra della paura, ma diventino talenti preziosi, investiti con coraggio e lungimiranza. Per il Bene comune. Per il futuro dei nostri giovani. Oggi chi è imprenditore e lo fa con dedizione e rispetto delle condizioni lavorative, merita tutto il nostro appoggio e sostegno. E questo vale in primo luogo per la politica e la finanza”. Il Papa, anche qui, è tagliente: L’economia non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività, riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi! (E.G. n. 204).
Infine è necessario creare cooperazione. Iniziative portate avanti insieme, mai da soli! “E’ la solidale reciprocità, in un circuito di vera e concreta fraternità. Una fraternità che risana dall’egoismo del possesso, fonte a sua volta di tremenda paura. Mentre la solidarietà crea sempre serenità, perché sentiamo che non siamo mai soli, mai da soli. Quante iniziative imprenditoriali, purtroppo, franano quasi subito, perché sono speculative, non condivise, non portate avanti insieme”. Davvero accogliamo l’invito dell’apostolo Paolo: “sopra tutte queste cose rivestitevi della carità”
Preghiamo, in questa giornata di riposo e di festa, anche di questo ha bisogno l’uomo, e lavoriamo, lottiamo per costruire un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale! (E.G. 223 e 192).
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Parole eccezionali......avanti così.... E che il ciel lo ascolti.