Trovare la propria strada è faticoso. Lo è sempre stato. “Fate della vostra vita un capolavoro” era l’invito che rivolgeva ai giovani San Giovanni Paolo II. Quanto è difficile spiccare il volo per un giovane del nostro Paese. Spesso ci chiediamo se la nostra società offra condizioni e opportunità per scegliere il proprio percorso, ci interroghiamo se le nuove generazioni possono iniziare a orientarsi nella loro vita e quanto siano in grado di poggiare i primi passi in modo sicuro.
Recuperiamo alcune indicazioni per rispondere, al quesito in “Rapporto giovani”, una ricerca promossa dall’Istituto Toniolo e l’Università Cattolica, su un campione di 9mila giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni. La ricerca ci aiuta a smontare alcuni pregiudizi che di solito vengono attribuiti alla nuova generazione, forse dovrebbe anche indurre ad assumere qualche responsabilità.
L’analisi ci mostra che tra i giovani millennials è forte il desiderio di autonomia, in controtendenza all’opinione pubblica dell’italiano mammone: tra le loro motivazioni si riscontra un 85% che vorrebbe mettersi alla prova e un 57% che vorrebbe non essere di peso alla famiglia. Certo, l’aspirazione non si raggiunge con facilità, visto che il 70% dopo aver lasciato la famiglia di origine, vi fa ritorno.
Dal Rapporto si evince anche l’indicazione che non ci troviamo di fronte a una generazione di nullafacenti, o bamboccioni, come era stato detto qualche tempo fa. Infatti, tra i giovani intervistati, pur di lavorare, il 47% dichiara di accettare retribuzioni insoddisfacenti e il 46% trova un’occupazione incoerente con il suo percorso di studi.
Osserviamo, allora, che molti giovani sarebbero disponibili a spiccare il volo per spiegare le ali, ma il trampolino di lancio è solido?
Certo non hanno una grande opinione della società in cui vivono se il 58,9% sostiene di essere sospettoso verso le altre persone e quando gli si chiede la loro opinione verso il futuro gli intervistati si esprimono in modo negativo: il 48,1% assume un’opinione di moderato pessimismo e un 23,1% di pessimismo pieno.
Scopriamo, quindi, che è facile formulare giudizi quando si osservano i macro dati sulla popolazione, che ci dicono di giovani disoccupati o di giovani con la sindrome di Peter Pan, incapaci di abbandonare la casa dei genitori. Notiamo invece che l’aspirazione alla propria autonomia o la ricerca di un lavoro gratificante si scontrano con una società che non offre occasioni favorevoli. E sottolineiamo che in tale situazione il clima prodotto è di generale sfiducia verso gli altri e verso il futuro, come è incoraggiante rilevare che i giovani non si danno per vinti e continuano a mettersi alla prova.
Loro sanno che dovranno combattere per fare della propria vita un capolavoro. Noi, invece, dovremmo capire se vogliamo aiutarli o lasciare che in qualche modo se la cavino da soli. Consapevoli che da questa decisione dipende il futuro: il nostro e il loro.