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Europa in affanno sotto la spinta delle migrazioni

Di Gianni Borsa

Il “problema delle migrazioni dev’essere affrontato a livello europeo”, con un criterio di solidarietà, e superando quella “globalizzazione dell’indifferenza” denunciata da Papa Francesco durante la sua visita a Lampedusa. Simon Busuttil, eurodeputato maltese, ha portato una testimonianza vivida e preoccupata al seminario internazionale di studi su “Unione europea e Mediterraneo: la crisi economica e il fenomeno delle migrazioni”, promosso dal Movimento cristiano lavoratori (Mcl) a La Valletta, capitale maltese. Tre giorni, dal 2 al 4 maggio, per mettere a fuoco “una sfida che chiama in causa primariamente l’Europa e la stessa democrazia europea”, ha precisato Vittorio Emanuele Parsi, docente dell’Università Cattolica di Milano, che ha svolto la relazione introduttiva.

Tra accoglienza e identità. “Le due sponde del Mediterraneo condividono lo stesso destino”, ha affermato Carlo Costalli, presidente Mcl, aprendo i lavori seminariali e facendo primariamente riferimento alla questione-migrazioni, ma anche considerando i legami tra Europa, Medio Oriente e Africa in una pluralità di aspetti geopolitici, economici, culturali. “L’obiettivo della creazione di un vicinato prospero, democratico, stabile deve rimanere la priorità massima dell’Europa”, in particolare nelle “sue interazioni con i Paesi del Mediterraneo meridionale”. Su tale versante il nodo delle pressioni demografiche e migratorie è di stringente attualità: “La doverosa accoglienza degli immigrati non può verificarsi in modo inconsapevole e nell’indifferenza”, ha sostenuto il presidente Mcl. “Non deve avvenire in dispregio dei nuovi arrivati, ma nemmeno” del diritto “all’identità culturale e alla vita” dei Paesi ospitanti. “Le politiche dell’immigrazione – ha proseguito Costalli – hanno bisogno di altruismo ma anche di realismo”. Il “problema principale non sono gli immigrati” bensì “la debole identità culturale e morale” delle nazioni che li ricevono al di qua del mare, Italia compresa. “Il multiculturalismo non è una soluzione – ha rincarato Carlo Costalli – e non è possibile accettare enclave autonome ove le leggi vengono sospese o sostituite. Questo lo dico qui a Malta, in un Paese altamente civile” che, nonostante le ridottissime dimensioni, ha accolto nell’ultimo decennio un numero crescente di disperati giunti dalle sponde africane. Costalli ha poi aggiunto, per quanto attiene l’Italia, che “bisognerà trovare una sintesi tra il criterio dello jus soli e quello dello jus sanguinis”, perché l’acquisizione dei diritti politici – da concedere a suo avviso dopo aver accertato la reale integrazione del migrante – “dà la possibilità di determinare il futuro della nazione” e quindi il “loro godimento non può essere automatico”.

Solidarietà continentale. Simon Busuttil ha insistito, in linea con Costalli, sul fatto che ai migranti che fuggono dalla fame e dalle persecuzioni “occorre assicurare una dignitosa prima accoglienza”, perché “si tratta di esseri umani, non di merci, e come esseri umani devono essere trattati”. Del resto l’esponente politico maltese, leader del Partito nazionalista (che a Strasburgo aderisce al Ppe), ha ricordato come “il popolo maltese è stato lasciato solo per troppi anni di fronte all’emergenza degli sbarchi”. Da qui l’insistenza affinché le politiche migratorie siano comunitarizzate e si creino forme di partecipazione solidale per l’accoglienza e la successiva integrazione. Per Busuttil occorre inoltre intraprendere una serie di azioni a livello Ue tali da creare un quadro normativo comune, così da favorire le migrazioni legali; è “poi necessario rafforzare la collaborazione con i Paesi terzi dove si originano i flussi”, puntando sulla cooperazione allo sviluppo.

Risposte europee. Vittorio Emanuele Parsi ha dal canto suo inquadrato la sfida migratoria in uno scenario più ampio, offrendo un excursus storico-politico dell’Ue negli ultimi 25 anni, a partire dal crollo del Muro di Berlino e alle successive vicende che hanno portato all’Unione di oggi, “necessaria” sul piano economico e geostrategico, ma al contempo “debole” su quello della tenuta interna, della condivisione dei problemi e delle relative soluzioni. “La questione migratoria è solo una di quelle che oggi interrogano l’Ue, senza ravvisarvi risposte coerenti e comuni”, come avviene, ha specificato Parsi, nel caso delle politiche fiscali o in quelle energetiche. L’Ue28, messa alla prova dalle trasformazioni dell’Europa orientale, dalle instabilità regionali del Medio Oriente e del Nord Africa, dalla crisi economica con le sue ricadute, dall’emergere di nuovi competitori mondiali, si deve “ripensare”, provvedendo a “radicali cambiamenti”. Il “quadro interno” dell’Europa comunitaria, frammentatosi ulteriormente a causa della lunga recessione, “rende più complicato trovare soluzioni concrete e condivise” su temi come le migrazioni. Al contempo, ha rilevato Parsi, “è sotto gli occhi di tutti il fallimento delle politiche di vicinato”: in questo caso “l’Ue è stata capace al massimo di inseguire gli eventi, subendoli”, come avvenuto ancora di recente nel caso dell’Ucraina. “L’Europa non è sufficientemente attrezzata in questa fase per fronteggiare” le conseguenze di sconvolgimenti epocali come le stesse migrazioni. Ma “non tutto è perduto: in primo luogo perché sappiamo – ha suggerito lo studioso – che dalle crisi più gravi l’Europa è sempre uscita rafforzata e migliorata”. Inoltre “siamo oltremodo certi che se l’Ue è uno strumento imperfetto, il ritorno a un quadro politico decisionale esclusivamente nazionale sarebbe una prospettiva di gran lunga peggiore” e “inadeguata ai tempi”.