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Anche il tifo da stadio può essere utile se si tratta di contrastare il crimine organizzato. Così l’arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, fa scattare in piedi i numerosi partecipanti di “Giovaninfesta”, momento gioioso ma anche di testimonianza e d’impegno civile, svoltosi il 1° maggio a San Giovanni Gemini.
L’arcivescovo ha davanti a sé giovani cattolici che portano per le piazze della città la loro fede, il loro entusiasmo, le “parole d’ordine” di Papa Francesco. Pregano, ascoltano testimonianze di lotta al racket, lotta coraggiosa perché pericolosa, perché la mafia è una brutta bestia, perché si radica nel tessuto sociale ma anche nel cuore delle persone, e le porta al disprezzo delle regole, all’egoismo, alla paura, alla negazione di quanto di bello e di buono c’è nelle terre infestate dalla mafia stessa. Ecco perché monsignor Montenegro salta in piedi e ritma: “Ragazzi, chi non salta mafioso è”.
I giovani lo seguono. Lui non si preoccupa di cosa scriveranno i media il giorno dopo. Non dà peso a qualche prevedibile alzata di spalle di chi è scettico sui “metodi” per toccare l’anima delle persone. Sa che la sua terra soffre, che i mafiosi ne mettono a rischio l’oggi e il domani a suon di minacce, di prebende e di pallottole. E così canta e salta, con i suoi giovani: “Chi non salta mafioso è… Chi non salta mafioso è… Chi non salta mafioso è…”.
Grazie don Francesco. Anche noi, abbiamo saltarellato. E ci auguriamo l’abbiano fatto tutti quelli che hanno visto il videopostato sul sito del settimanale diocesano (L’Amico del Popolo) e su quelli dei principali quotidiani italiani.

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