Una riflessione personale su Mc 10, 23-31 di Don Gianluca Rosati
«Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso» (Mc 10, 15).
«Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!» (Mc 10, 23).
Provo a immaginare il quadro descritto nel vangelo. Gesù ha chiamato un uomo alla sequela, a divenire suo discepolo e l’ha chiamato rispondendo a un desiderio che l’uomo aveva nel cuore, l’ha chiamato per donargli una vita piena, gioiosa, ricca di relazioni, una vita di carità.
L’uomo ha ascoltato la proposta di Gesù. Possiamo pensare a cosa avremmo fatto noi nella stessa situazione. Se Gesù l’avesse detto a me, come avrei risposto? L’uomo avrà sicuramente valutato l’invito di Gesù, l’avrà preso in considerazione seriamente perché costituiva la risposta a una domanda di vitale importanza. Le ricchezze, i suoi beni, gli impediscono di decidersi per qualcosa di più radicale: «Se ne andò afflitto perché aveva molti beni» (Mc 10, 22).
L’uomo ricco esce di scena. Gesù si guarda attorno e si rivolge ai suoi discepoli.
Sono lì anche i discepoli. Che ruolo hanno? Quale sarà stata la loro testimonianza di uomini che hanno lasciato qualcosa per seguire Gesù? E noi? Che discepoli siamo? Chi ci vede, vede Cristo? Siamo capaci di condurre altri uomini a Lui? Gesù afferma:«Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!».
Immaginate la reazione dei presenti dopo un’affermazione così forte. I discepoli sono stupefatti ma Gesù continua: «… è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». L’evangelista Marco ci dice che i discepoli a questo punto sono sbigottiti. Chissà quali commenti avranno fatto tra loro!
Perché tanto stupore? E cosa sono queste ricchezze se tutti si sentono chiamati in causa?
Abbiamo visto come il giovane sia condizionato fortemente dalle sue ricchezze. Potremmo leggere a questo proposito un brano di Luca in cui Gesù mostra chiaramente le esigenze della vita apostolica a chi vuole seguirlo. In Lc 9, 57-62 Gesù insegna che nulla può essere anteposto all’annuncio del regno di Dio. Nel vangelo di Matteo, inoltre, risuona chiaro l’invito ad abbandonarsi alla Provvidenza e a concentrarsi nella ricerca del regno di Dio e della sua giustizia (Mt 6, 25-34).
Questo è quindi un discorso che riguarda solo i ricchi o tutti noi? Gesù mi chiede di valutare il mio rapporto con le persone e con le cose: sono libero? Rispetto la libertà dei fratelli o li considero un mio possesso? Riesco a servirmi delle cose stando attento ai bisogni degli altri? Il mio cuore è libero o attaccato ai beni terreni, alle mie sicurezze, alle mie relazioni? Cosa conta per me? Qual è il mio tesoro? È sufficiente donare tutto ai poveri?
Leggendo un libro di E. Wiesel mi sono imbattuto in una riflessione interessante:«Tzedakà tatzil mimavet. La carità vi salverà dalla Morte. Che idea stramba. Supponiamo che un uomo si metta in testa di distribuire la sua fortuna ai bisognosi, supponiamo che faccia la carità giorno dopo giorno, e anche di notte, vuol dire che non morirà mai? Ma no. Questa invocazione significa un’altra cosa: aiutando i poveri, guardando, ascoltando coloro che hanno bisogno di noi, abbiamo semplicemente il privilegio di vivere la nostra vita, di viverla pienamente. Ecco il senso della formula: la carità salva l’uomo dalla morte… prima della morte» (da E. Wiesel, Il testamento di un poeta ebreo assassinato, pp. 79-80).
In questi anni mi viene donata la grazia di ampi spazi per la riflessione personale e sono aiutato a conoscermi meglio. Quando ci si conosce emergono anche difetti, limiti, fragilità e può insinuarsi la tentazione di dire: “Non ce la farò mai, non riuscirò a cambiare”. È difficile accettarsi e volersi bene per come si è. Gesù ci ama così come siamo. La bella preghiera di P. Claudel esprime proprio questo amore che Egli ha per ciascuno di noi e il nostro affidamento a Lui: «Signore che tutto puoi, tu puoi anche con me. Se ti occorrono dei martiri e delle vergini, se ti occorrono dei coraggiosi, se ci sono uomini ai quali per essere cristiani le parole non sono bastate, e che hanno saputo che è bello seguirti se ne va della vita: ecco Lorenzo e Maurizio, Cecilia e Agata, Francesco e Teresina. Ma se per caso hai bisogno di un pigro e ti occorresse un orgoglioso, un po’ vile, se ti occorresse un ingrato e un impuro, un uomo il cui cuore è tentato di chiudersi – e comunque non i giusti sei venuto a salvare – quando tu ne mancassi ovunque ti resterò pur sempre io, in quel giorno dei tuoi regali». Gesù non mi ama come sarò ma così come sono ora. Egli amò quel giovane e continuò ad amarlo anche dopo.
Di fronte allo stupore dei discepoli, Gesù risponde con una rassicurazione:«Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio!…» (Mc 10, 27). La chiave sta nell’affidarsi a Dio come un bambino si affida a suo padre e a sua madre (Mc 10, 13-16). Il neonato non ha sicurezze, è indifeso, debole, bisognoso di cure e d’amore. Gesù ci indica la strada: Fidatevi del Padre! Lasciate che Egli entri nella vostra vita, che conquisti e plasmi il vostro cuore.
Allora la nostra vita sarà piena e le reti saranno insufficienti per la grande abbondanza dei pesci (Lc 5, 1-11).
Il racconto continua con le parole di Pietro (Mc 10, 28). Quante volte anch’io mi sono fermato a considerare la mia vita e ho constatato, dopo un esame approfondito, la sproporzione tra ciò che ho lasciato e ciò che mi viene donato ogni giorno! Può capitare nella vita di essere talmente presi dalle cose da fare e dalle preoccupazioni, da non avere tempo per considerare ciò che di buono riceviamo gratuitamente nelle nostre giornate. Si rischia di essere scontenti pur avendo motivo per gioire! È importante per questo avere memoria di ciò che viviamo, ringraziare il Signore e chiedere un cuore libero da preoccupazioni e desideri inutili.
Possiamo continuare la riflessione rileggendo il racconto della pesca miracolosa (Lc 5, 1-11) o i racconti del ritorno dei discepoli dalla missione (Mc 6, 30-33). Fermiamoci a considerare la cura che Gesù ha per noi e la pienezza di vita concessa a chi sulla Sua parola getta le reti.
Gesù ci svela il volto del Padre! Conoscendo Gesù conosciamo il Padre. Dio è Padre misericordioso che accoglie con gioia i Suoi figli e li ricolma di ogni bene.
La vita del cristiano non sarà una vita in cui tutto procede bene, senza difficoltà e sofferenze. Esse saranno presenti e andranno vissute nell’affidamento a Dio che non ci lascia mai soli e sostiene costantemente il nostro cammino con il dono del Suo Spirito.
Tratto dal blog di Don Gianluca Rosati che vi consigliamo di visitare Gioia e Pace