Di Emanuela Vinai
Questa è una storia di non ordinaria solidarietà e straordinaria risposta delle Istituzioni. A una prima lettura, potremmo dire che è la favola di un bambino francese, Mathys Germaine, a cui un brutto giorno del 2008 viene diagnosticato un cancro al fegato. Ma non c’è un lieto fine, perché Mathys morirà l’anno successivo. Potremmo pensare che i protagonisti sono i suoi genitori, Lydia e Christophe, che dopo aver esaurito per assisterlo tutti i permessi, le ferie, i congedi possibili e immaginabili, pur sapendo che il figlio non sarebbe sopravvissuto alla malattia che lo stava consumando, si sono trovati nella condizione di dover tornare al lavoro, per non perderlo. Ma non è nemmeno di loro che vogliamo parlare.
I veri eroi di questa vicenda, la cui trama si chiude su un finale raro per ogni sceneggiatura, sono i colleghi di papà Christophe che hanno sentito la sua disperazione e l’hanno raccolta, trasformandola in un gesto di così alto valore sociale da renderlo una legge. Gli operai dello stabilimento Badoit di Saint-Galmier si erano infatti resi conto che non era il denaro quello che sarebbe servito al papà triste, ma solo la possibilità di avere più tempo da passare con il suo bambino, per accompagnarlo e salutarlo verso l’ultima destinazione. Così si sono organizzati e, in accordo con i datori di lavoro, hanno dato il via alla più straordinaria colletta mai realizzata: invece di devolvere soldi, hanno regalato giorni di ferie. I loro. Racimolando qua e là, tra periodi di riposo non goduti, festività varie, arretrati e chissà cos’altro, ciascuno ha donato quel che poteva, quel che sentiva, quel che serviva, finché si è arrivati a regalare a Christophe ben 170 giorni di ferie.
Il 31 dicembre 2009 Matyhs è morto, avvolto nell’amore dei suoi genitori e nell’affetto di tutti coloro che forse non lo conoscevano, ma avevano capito quanto fosse importante condividere la vita fino all’ultimo istante.
Già così sarebbe la storia di un piccolo miracolo. E invece non finisce qui, perché a volte, non sempre ma capita, le buone azioni non si esauriscono in un gesto, ma innescano ingranaggi dentati da cui scaturiscono effetti sorprendenti. Dal singolo caso è cominciata una battaglia di opinione per far sì che anche ad altri genitori che si trovino nelle stesse drammatiche situazioni, possa essere riconosciuta questa possibilità. Un’opportunità, non dimentichiamolo, resa possibile dalla generosità altrui, dal gesto di chi rinuncia al proprio tempo libero per offrirlo a chi ha finito il tempo di sperare.
Dopo un lungo percorso legislativo, il 30 aprile il Senato francese ha dato il via libera alla “Legge Mathys”, che permetterà ai dipendenti di donare in modo anonimo e gratuito dei loro giorni di riposo a un collega per la cura di un figlio gravemente malato sotto i 20 anni. Verrebbe da dire: basta poco, che ci vuole? Un gesto semplice ed efficace, di enorme impatto emotivo, che non costa nulla né all’impresa né alla società. Il segno forte e nobile che coniuga la responsabilità individuale con la solidarietà collettiva, dove l’altruismo rafforza la coesione sociale. In questi tempi tribolati il volontariato trova nuove forme per esprimersi. Dalla dignità della famiglia Germaine e dalla fraternità degli operai di un paese di meno di 6mila abitanti, arriva la lezione del senso dell’inestimabile, quando il dono più prezioso che si possa fare è il tempo. Bene scarsissimo, il cui immenso valore non si può davvero misurare con il metro inadeguato del prezzo.
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