È la più grande minoranza etnica presente in Europa ma anche quella più vulnerabile, che sta vivendo sempre più ai margini delle società. È la popolazione Rom, spesso vittima oltre tutto del pregiudizio della gente, in prima linea di politici che la strumentalizzano per fini elettorali e di giornalisti che cavalcano luoghi comuni e paure metropolitane. Dei rom hanno parlato in questi giorni le Chiese cristiane dandosi appuntamento in spirito ecumenico ad Atene per un momento di dialogo e scambio. L’incontro è stato organizzato dalla Conferenza delle Chiese Europee (l’organismo europeo che raccoglie 115 chiese ortodosse, protestanti, anglicana) e dal Consiglio delle Conferenze Episcopali in Europa (Ccee), sotto il patrocinio del governo greco in concomitanza con il turno di presidenza della Grecia dell’Unione Europea. “Numericamente le cifre non sono del tutto certe – spiega mons. Jànos Székely, vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest – anche perché molti nascondono la loro identità ma le statistiche parlano di una presenza di 12/15 milioni di Rom in Europa. Alla base del nostro incontro c’è la costatazione della situazione di degrado in cui vive questa minoranza in Europa. Mancanza di lavoro e scarso accesso alla scolarizzazione: sono le due problematiche più importanti legate alla loro povertà ed esclusione”.
Partiamo dai problemi del lavoro per la popolazione Rom.
“In certe parti di Europa, i rom hanno svolto lavori tipici e utili e per molti secoli non ci sono state tensioni. Oggi è diverso: con la perdita del lavoro, sono emerse anche le problematiche della delinquenza, uso di droghe e migrazione forzata. Se dunque la disoccupazione è uno dei problemi più grandi, noi riteniamo che l’Unione europea debba indirizzare molto più concretamente aiuti finanziari e programmi per creare posti di lavoro soprattutto nelle fasce più vulnerabili delle società europee. In modo particolare nei paesi dell’est europeo per creare possibilità di vita a questa popolazione nei posto in cui vive e laddove vuole restare perché la sentono come la loro patria”.
Il secondo problema?
“La mancanza di scolarizzazione. I genitori a volte non sono convinti che studiare sia per i loro figli un valore importante. La Chiesa in questo senso può svolgere un’azione molto importante per creare una cultura all’educazione e allo studio. Si tratta spesso di convincere le famiglie che far studiare i bambini, i ragazzi e i giovani, può essere anche una garanzia di futuro per le loro comunità. Molti poi sono i casi in cui i ragazzi di fronte agli insuccessi scolastici, lasciano la scuola, per cui è importante sostenere questa cultura allo studio anche attraverso corsi di sostegno”.
In realtà c’è un altro tema scottante che riguarda in particolare la popolazione rom, ed è il pregiudizio pesante nei loro confronti.
“Ne abbiamo parlato molto, concordando sulla necessità di far conoscere la storia, la cultura, lo stile di vita dei Rom. Anche a livello nazionale sarebbe importante scrivere la storia dei Rom nei rispettivi paesi e includere questa storia nei corsi di scuola per una conoscenza più capillare e veritiera del passato di questa popolazione e delle causa dei problemi che oggi devono affrontare. In questo senso svolgono un ruolo essenziale i politici e i media. A volte i politici strumentalizzano il problema dei Rom per guadagnare voti. Siamo convinti che non si dovrebbe usare questa problematica soprattutto in tempo di elezione. Anche i media a volte trasmettono un’immagine unilaterale e stereotipata parlando solo di delinquenza e non mostrando mai il vero volto di tante famiglie Rom. Il discorso che porta in sé pregiudizio, forse a volte anche odio, è molto nocivo e dovrebbe essere vietato e perseguito giuridicamente sia nei media sia nel dibattito politico”.
Che cosa chiedono le chiese all’Unione Europea?
“All’incontro di Atene è stata sottoscritta una dichiarazione finale in cui vengono elencati molti punti che riguardano diritti e doveri. Il testo comincia però con la convinzione cristiana che ogni uomo è creato ad immagine di Dio e ha la stessa dignità a prescindere dall’identità etnica a cui appartiene. In questo senso siamo tutti fratelli”.
La presenza dei Rom come pure delle altre minoranze, che cultura richiede in Europa?
“Una cultura di rispetto: l’integrazione di cui si parla molto, non significa assimilazione. Non per forza i Rom devono abbandonare le ricchezze della loro cultura e le specificità del loro stile di vita ma salvaguardare ciò che nel loro patrimonio è di valore. E questo implica per le società europee la necessità sempre più evidente di avere le porte aperte. E alle minoranze chiede di essere sempre più membri attivi partecipando come cittadini alla vita del Paese in cui vivono”.
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