Di Salvatore Cernunzio da Zenit
“Misericordia” a tutti i costi. Anche diventando troppo “perdonatori”. Non ha raccomandato altro Papa Francesco ai diaconi ai quali, stamane, ha conferito l’Ordinazione presbiterale nella Basilica vaticana. Sono 13 in totale i nuovi sacerdoti, di cui sei italiani, quattro dell’America Latina, uno dal Pakistan, uno dalla Corea del Sud, uno dal Vietnam. Undici provengono poi dai seminari diocesani di Roma: il Pontifico Seminario Romano Maggiore, l’Almo Collegio Capranica e il Redemptoris Mater.
Per l’Omelia, Bergoglio ha seguito le parole suggerite dal Rito di Ordinazione dei Presbiteri, non mancando però di soffermandosi a sottolinearne alcuni passaggi. Innanzitutto, il Santo Padre ha ricordato la missione di chi è chiamato all’ordine del presbiterato: cioè essere e agire come il Signore Gesù, “il solo sommo sacerdote del Nuovo Testamento”; in virtù del quale “tutto il popolo santo di Dio è stato costituito popolo sacerdotale”. Cristo poi sceglie alcuni in particolare tra tutti i suoi discepoli, affinché “continuassero la sua personale missione di maestro, sacerdote e pastore”.
Un mandato altissimo, dunque: cooperare “al servizio di Cristo maestro, sacerdote e pastore”, “a edificare il corpo di Cristo, che è la Chiesa, in popolo di Dio e tempio santo dello Spirito”. “Consacrati come veri sacerdoti del Nuovo Testamento”, ha rimarcato il Papa, i neo sacerdoti saranno “predicatori del Vangelo, pastori del popolo di Dio, e presiederanno le azioni di culto”.
Una missione da compiere con gioia, ha proseguito il Santo Padre: “Dispensate a tutti quella Parola, che voi stessi avete ricevuto con gioia, dalle vostre mamme, dalle vostre catechiste”. E anche – ha aggiunto – “leggete e meditate assiduamente la parola del Signore per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato”.
L’invito è quindi a dare “nutrimento al popolo di Dio” attraverso “la vostra dottrina”, che però -ha precisato Francesco – “non è vostra”: “Voi non siete padroni della dottrina”, ma “è la dottrina del Signore”. E un invito anche ad elargire “gioia e sostegno ai fedeli di Cristo” con “il profumo della vostra vita”.
Il fine è di edificare la Chiesa, casa del Signore e sua Sposa, attraverso il Sacramento del Battesimo, con il quale – ha ricordato il Pontefice – “aggregherete nuovi fedeli al popolo di Dio”, e quello della Penitenza con cui “rimetterete i peccati in nome di Cristo”.
Su quest’ultimo punto in particolare si è soffermato Bergoglio, tralasciando per un momento le parole del Rito di Ordinazione e rivolgendo ai nuovi preti un accorato appello. “Per l’amore di Gesù Cristo, vi chiedo: non stancatevi mai di essere misericordiosi! Per favore! Abbiate quella capacità di perdono che ha avuto il Signore, che non è venuto a condannare, ma a perdonare!”.
“Abbiate misericordia, tanta!”, ha insistito il Papa, e se a volte dovesse venire “lo scrupolo di essere troppo ‘perdonatori’, pensate – ha detto – a quel santo prete del quale vi ho parlato, che andava davanti al tabernacolo e diceva: ‘Signore, perdonami se ho perdonato troppo. Ma sei tu che mi hai dato il cattivo esempio!’”.
Al cuore del Successore di Pietro reca “tanto dolore”, infatti, trovare “gente che non va più a confessarsi perché è stata bastonata, sgridata. Hanno sentito che le porte delle chiese gli si chiudevano in faccia!”. “Per favore, non fate questo”, ha supplicato il Santo Padre, anche perché “il buon pastore entra per la porta e la porta della misericordia sono le piaghe del Signore: se voi non entrate nel vostro ministero per le piaghe del Signore, non sarete buoni pastori”.
Al massimo – ha aggiunto – potrete diventare come quei pastori di cui parlava Sant’Agostino “che cercavano di piacere a se stessi, che usavano le pecorelle del Signore come pasto e per vestirsi, per indossare la maestà di un ministero che non si sapeva se fosse di Dio”. L’esempio da seguire è sempre e solo Gesù Cristo, capo e pastore, anzi “Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire, e per cercare e salvare ciò che era perduto”.
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